
Franco CFA, un fallimento firmato Macron che Meloni aveva previsto
L’Italia, grazie al piano Mattei, finanzia iniziative in quattordici stati africani. Il presidente Macron, invece, ha fallito su tutta la linea
Dalla creazione, nel 1945, del franco delle colonie francesi d’Africa (CFA), l’acronimo si è evoluto e oggi designa due valute: quella della “Comunità finanziaria africana” nell’Africa occidentale e quella della “Cooperazione finanziaria in Africa centrale”. Ma è sempre Parigi a decidere il valore di queste valute. Negli ultimi anni il franco CFA è diventato oggetto di lotte popolari. Consapevoli che le questioni economiche sono eminentemente politiche, i cittadini africani chiedono sempre più la piena sovranità monetaria.
Un altro punto critico –scrivono Fanny Pigeaud e Ndongo Samba Sylla- nel libro: “L’arma invisibile della Françafrique” è che la Banca di Francia detiene circa il 90% delle riserve d’oro della BCEAO (banca centrale degli stati dell’Africa occidentale) stimate a 36.5 tonnellate. Le banche centrali -fanno notare gli autori- mantengono i loro averi in oro poiché l’oro è considerata la divisa delle divise. È il solo valore che, in tempi di crisi del sistema monetario internazionale, riscuote la fiducia degli agenti economici; da qui il suo appellativo di “bene rifugio”. Durante una visita in Burkina Faso nel novembre 2017, tuttavia, il presidente francese Macron negò che le riserve auree dei paesi membri dell’UEMOA (unione economica e monetaria dell’Africa occidentale), si trovassero in Francia. La risposta di Macron contribuì a peggiorare i già tesi rapporti con i paesi dell’Africa occidentale. Un altro aspetto che viene fatto notare è che Parigi ha sempre preferito leader deboli con debole legittimità democratica.
Tra le voci più critiche verso il presidente francese si registra quella di Kako Nubukpo, economista togolese e autore di diversi libri sulla crisi dell’Africa, che in un’intervista a “Le Monde”, nel novembre del 2017, definì le posizioni di Macron sul franco CFA “offensive, imprecise e caricaturali”.
Kako Nubukpo è una delle voci più critiche verso il franco CFA e nel suo saggio “Dal franco CFA all’Eco; domani la sovranità monetaria?” spiega come dovrebbe avvenire la transazione prevista per il 2027.
Per comprendere appieno la questione, è necessario ripercorrere brevemente la storia della zona franco in modo da comprendere ulteriormente il contesto paradossale in cui si trovano gli stati membri di questa zona. Sehl Doghri, informatico e documentarista, ce ne presenta il contenuto. La zona del franco CFA iniziò a formarsi durante il periodo coloniale, già nel 1939, ma assunse la sua forma attuale con la firma dei trattati del 1972 e del 1973. Questa zona regolava i rapporti valutari e monetari tra la Francia e quattordici delle sue ex colonie. Per l’Africa occidentale, nel 1973, fufirmato un trattato che ridefinì la cooperazione tra sette paesi africani; Benin, Mali, Costa d’Avorio, Senegal, Niger, Togo, Burkina Faso. Questo trattato istituì la Comunità economica dell’Africa occidentale. Viene inoltre creato un istituto di emissione destinato alla gestione del franco CFA; la Banca centrale degli Stati dell’Africa occidentale (BCEAO), con sede a Dakar, Senegal. Il 29 gennaio 2025, Burkina Faso, Mali e Niger, a seguito della rottura dei rapporti con la Francia, lasciarono la CEDEAO (comunità economica degli stati dell’Africa Occidentale). Accordi analoghi furono adottati anche per l’altra parte della zona del franco, l’Africa centrale con la creazione della BEAC, la Banca degli Stati dell’Africa centrale.
La Banca degli Stati dell’Africa Centrale (BEAC) è la principale istituzione monetaria della Comunità economica e monetaria dell’Africa Centrale (CEMAC) ed ha sede a Yaoundé nel Camerun, Gli stati che la costituiscono sono: Camerun, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo, Gabon, Guinea Equatoriale e Ciad.
Di fatto, gli stati membri della zona CFA, sono sempre stati costretti ad utilizzare una moneta che non hanno creato, per la quale non hanno scritto le regole, che resta estranea alle loro realtà esistenziali ed economiche e sulla quale le loro popolazioni non hanno alcun controllo. Si tratta di una moneta coloniale francese rimasta intatta nel tempo. L’urgenza di rompere con una tale moneta è più che un imperativo per la semplice ragione che è paradossale che gli Stati sovrani siano ancora sotto il giogo monetario di un altro Stato con il quale sussistono, spesso in modo simulato, rapporti tra colonizzatori e colonizzati. Il paradosso è evidente e non potrebbe essere più intollerabile. Uno Stato non può essere allo stesso tempo politicamente indipendente e monetariamente schiavo, rischiando di favorire il proprio indebolimento e la propria arretratezza economica.
Il diritto internazionale in generale e il diritto monetario e finanziario internazionale in particolare,devono essere in grado di risolvere in modo univoco questa anomalia politico-economica che costituisce una delle principali cause del sottosviluppo degli Stati membri della zona franco e che impedisce loro di uscire dalla situazione di stallo.
Il progetto di moneta unica dei quindici Stati della CEDEAO, l’Eco, che dovrebbe vedere la nascita nel 2027, in sostituzione del franco CFA, non dovrebbe incontrare ostacoli se è compatibile con lo spirito di liberazione monetaria degli Stati che la adottano, se non si tratta di un semplice progetto fittizio di ridenominazione del franco CFA, ma piuttosto di un’opportunità per garantire a questi Stati una moneta forte che rispecchi le realtà dei popoli africani. Questo progetto deve infatti fare dell’ECO una moneta diversa dal franco CFA dal punto di vista ideologico e rappresentativo: ideologico nella misura in cui l’ECO non deve più servire interessi stranieri ed alimentare questo eterno rapporto colonizzatore-colonizzato; rappresentativo perché deve riflettere stati indipendenti, autonomi ed economicamente sovrani. Se l’ECO, nella sua concezione, serve effettivamente gli interessi dei popoli dell’Africa occidentale e garantisce la loro sovranità monetaria, non subirà le stesse critiche del franco CFA. Questa moneta unica, che sostituirà il franco CFA, dovrebbe, in linea di principio, favoriremaggiore sicurezza e maggiori opportunità per le imprese e i mercati, stabilità economica ed una crescita più forte, mercati finanziari meglio integrati, una presenza più forte degli Stati membri della zona ECO nell’economia mondiale; sarebbe un segno tangibile dell’identità africana.
Perché la Francia è così legata al franco CFA? Ecco le ragioni
Ma perché la Francia è invece così legata al franco CFA, soprattutto perché afferma costantemente che “il franco CFA è una moneta africana”? L’ex presidente degli Stati Uniti Richard Nixon divenne noto, in ambito monetario, per la sua famosa formula; “Il dollaro è la nostra moneta, ma è un vostro problema”, riferendosi al resto del mondo. Quanto al discorso francese sul franco CFA nei confronti dei popoli africani, si sarebbe tentati di dire esattamente il contrario: “il franco CFA è la vostra moneta, ma è un nostro problema”. La Francia è così interessata ai soldi africani che finisce per diventare sospetta!
Perché la Francia giustifica il suo discorso sui benefici del franco CFA con l’obsoleto dogma monetarista della stabilità dei prezzi? Perché è l’unico Stato ad aver ottenuto, il 10 dicembre 2020, l’autorizzazione dalla sua Assemblea nazionale per la ratifica di un nuovo accordo di cooperazione monetaria con gli Stati UEMOA, rendendo così obsoleto l’accordo del 1973, mentre questi ultimi non hanno alcuna fretta di ratificare detto accordo, di cui dovrebbero essere i primi beneficiari? Il rischio è che la Francia perda irreversibilmente il consenso di una gioventù africana in forte ricerca di emancipazione.
La balcanizzazione degli stati al momento dell’indipendenza fece sì che la maggior parte dei dibattiti politici rimanesse a livello nazionale. Il franco CFA è una delle poche questioni sovranazionali su cui i giovani africani francofoni possono concordare; questo problema consente loro di rendersi conto della somiglianza dei loro problemi e delle loro aspirazioni. Da questo punto di vista, l’ingerenza del presidente francese Emmanuel Macron nell’annuncio della creazione dell’ECO, il 21 dicembre 2019 ad Abidjan (Costa d’Avorio) a fianco del suo omologo ivorianoOuattara, per sostituire il franco CFA, è stata percepita dall’opinione pubblica africana sia come un’ingerenza intollerabile negli affari della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, CEDEAO, nella forma, sia come una sorta di OPA ostile sull’ECO-CFA originale dei quindici Stati della CEDEAO, nella sostanza. Macron ha contribuito acreare confusione sulla moneta che dovrebbesostituire il franco CFA, relegando gli stati e i popoli dell’Africa occidentale in una sorta di limbo, non più interamente nel sistema CFA, ma non ancora nel nuovo sistema economico.
Per Nubukpo, per l’Africa occidentale, a lungo legata alla Francia attraverso il neocolonialismo monetario fondato sul franco francese e poi sull’euro, si tratta di riappropriarsi del suo progetto di sviluppo, nonché degli strumenti e delle scelte per riuscire a realizzare e conquistare la piena sovranità.
Per massimizzare le possibilità di successo del processo di integrazione monetaria in corso, è necessario stabilire con urgenza alcune priorità. Laprima è quella dell’occupazione, in particolare quella giovanile e femminile, che è giunto il momento di affrontare con strumenti adeguati, tra cui politiche economiche che favoriscano il processo di industrializzazione, il ritorno della sfera pubblica nella sua dimensione di motore dell’interesse generale a lungo termine, lo sviluppo del settore privato delle imprese e startup che sfruttino e trasformino le numerose risorse naturali e demografiche del territorio. La seconda urgenza è una crescita economica sostenibile e inclusiva, basata su scelte e politiche settoriali ambiziose e realistiche, che favoriscano un’industrializzazione basata sullo sviluppo di nuove tecnologie, in particolare la digitalizzazione delle procedure, sia nel settore pubblico che in quello privato. Questo ci porta alla terza emergenza: lo sviluppo delle infrastrutture, materiali e immateriali, come le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Si tratta di una trasformazione regionale, in cui l’ECO può e deve svolgere un ruolo centrale.
Le priorità del continente africano e il piano Mattei
La quarta emergenza è lo sviluppo di un’agricoltura competitiva che possa garantire la sovranità alimentare alle popolazioni dell’Africa occidentale.Tra i settori economici, l’agricoltura è uno dei più strategici per la regione, soprattutto in relazione ai cambiamenti climatici, che pongono nuove sfide da affrontare in termini di adattamento delle colture. La quinta urgenza, che riassume e ingloba le altre, è quella di una migliore integrazione regionale dei paesi della CEDEAO, basata su una reale solidarietà. L’economia può svolgere un ruolo trainante importante, favorendovero federalismo fiscale, il commercio e la circolazione di persone, beni, servizi e capitali.
In definitiva, un’Africa occidentale forte, che opti per uno sviluppo endogeno costruito attorno a una moneta sovrana, costituisce un imperativo per un continente africano che si muove verso la trasformazione strutturale della sua economia e della sua società.
E mentre aumenta il risentimento verso la Francia e verso Macron, come dimostra la cacciata delle truppe francesi in Mali, Burkina Faso (che Meloni citò nella famosa trasmissione del 2019 da Giletti, in cui denunciò il franco CFA), Senegal, Niger,l’Italia sta facendo un grande sforzo per aumentare la sua credibilità in Africa, aumentando, di fatto, la sua influenza.
Mentre i principali paesi donatori di aiuti – hanno scritto di recente Amy Kazmin Aanu Adeove sul Financial Times – stanno tagliando i fondi, l’Italia, grazie al piano Mattei, finanzia iniziative in quattordici stati africani. I progetti vanno dai 320 milioni di euro per il corridoio di Lobito, una linea ferroviaria che collega le miniere della Repubblica Democratica del Congo ad un porto in Angola,nevralgico per rame, cobalto e coltan, a piccoli investimenti nello sviluppo del capitale umano, come i corsi di formazione nella scuola italiana di Addis Abeba, dove giovani seguono corsi di formazione per diventare tecnici specializzati. Molte aziende italiane devono affrontare una carenza di manodopera e questo tipo di iniziative contribuiscea sopperire a questi bisogni.”
Nel discorso tenuto al Senato il 27 ottobre 2023 in vista del Consiglio europeo, la Presidente Meloni affermò che il rapporto con l’Africa deve essere basato sul rispetto reciproco e non su un approccio paternalistico e predatorio, come purtroppo spesso è accaduto in passato. Il piano Mattei ne è la dimostrazione, anche se siamo ancora agli albori.