
Suicidio assistito
Fine vita, maggioranza al lavoro per un testo condiviso: basta con la “propaganda toscana”
“Stiamo lavorando in Comitato ristretto per arrivare a un testo il più possibile condiviso sul fine vita“. Così il senatore di Fratelli d’Italia Ignazio Zullo sulla proposta su cui la maggioranza è impegnata. Le opposizioni, come da copione, continuano con le tifoserie a urlare allo scandalo dopo che il governo ha impugnato la legge sul fine vita approvata dalla Regione Toscana. “L’obiettivo – spiega Zullo all’Adnkronos – è affermare con forza il valore della vita come bene indisponibile. Integrando al contempo i criteri stabiliti dalla Corte costituzionale in merito all’esimente della punibilità, ma riferiti a persone inserite in un percorso di cure palliative”.
Fine vita, FdI: la maggioranza è al lavoro su un testo condiviso
Quanto ai tempi, l’esponente di Fdi precisa: “Più che correre dietro alle scadenze, riteniamo utile prenderci qualche momento in più di confronto. Per costruire un testo realmente condiviso. Le diverse sensibilità sono presenti in tutti i gruppi parlamentari”. Per la struttura dei lavori parlamentari, Zullo è relatore per la Commissione Affari sociali e sanità. Il collega di Forza Italia, Zanettin, lo è per la Commissione Giustizia. Intanto proseguono le polemiche sulla legge toscana approvata lo scorso novembre. “Quando si discute di legge toscana sul fine vita occorre partire da un assunto. E cioè che si tratta di una legge regionale di iniziativa popolare presentata in sei Regioni. E che solo in Toscana è stata recepita, parzialmente, perché il testo presentato dall’Associazione Coscioni era in larga parte incostituzionale”. A chiarire la genesi di una legge che rischia l’effetto Arcobaleno su una materia centrale di competenza nazionale sono il portavoce dell’opposizione in Consiglio regionale Alessandro Capecchi e il capogruppo FdI Vittorio Fantozzi.
Toscana, la sinistra ha voluto calcare la mano
“Sia Cappato che la maggioranza regionale continuano a dire che la legge sia stata necessaria per attuare la sentenza della Corte costituzionale 242 del 2019. Va anche detto che tale attuazione poteva essere fatto con una più semplice delibera del Dipartimento Sanità della Regione. Invece, la Regione Toscana ha voluto calcare la mano su una questione procedurale. E la vicenda è stata invece trasformata in una questione puramente politica – portandola nell’Aula consiliare – perché questa è stata la volontà dei partiti che governano la Toscana”.
Non serviva un legge regionale, ecco perché
La sentenza del 2019, spiegano, “ha stabilito che non integra la responsabilità penale qualora si agevoli il suicidio medicalmente assistito in quattro condizioni ben precise. Se la persona è affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche, assolutamente intollerabili, tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale, e se è ancora capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Su questo il ministero della Salute chiede dal 2022 alle Regioni di provvedere adottando atti amministrativi appositi. Quindi sotto questo profilo non serviva una legge regionale, che è servita solo a Giani per imbracciare una battaglia di parte”.