
Dal Tempo e dal Ft
Due nuovi siluri contro Parolin papa: una firma lo coinvolge nel caso Becciu e piace “troppo” alla Cina
Mentre si avvicina il conclave che dovrà eleggere il prossimo Papa, uno dei nomi più citati tra i possibili successori di Francesco resta quello del cardinale Pietro Parolin. Ex segretario di Stato vaticano e a lungo uomo di fiducia del Pontefice, Parolin è considerato tra i candidati più accreditati. Dopo i veleni che riguardano le condizioni di salute del 70enne cardinale veneto, con alcuni gossip che lo volevano colpito da un malore, indiscrezioni smentite dalla Santa Sede, in queste ore due siluri non di poco conto sono partiti da due quotidiani.
Il quotidiano di Cerno pubblica un documento: ha avallato le speculazioni di Becciu
Il quotidiano Il Tempo, in un articolo firmato da Rita Cavallaro, pubblica un documento che proverebbe come la speculazione finanziaria londinese del cardinale Angelo Maria Becciu sia stata avallata dallo stesso segretario di Stato. Sotto il memorandum di Becciu sul palazzo di Sloan Avenue, «Parolin scrive di suo pugno un commento che, invece, sembrerebbe confermare che la Santa Sede non solo fosse informata dell’affaire di Sloane Avenue, ma che la Segreteria di Stato, nel suo più alto incarico rappresentato da Parolin, avesse di proprio pugno autorizzato l’operazione. «Avute assicurazioni sulla solidità dell’operazione (che porterebbe vantaggi alla Santa Sede), la sua trasparenza e l’assenza di rischi reputazionali, (che, anzi, superati quelli legati alla gestione del Fondo Gof)», scrive Parolin, «sono favorevole alla stipulazione dei contratti». Va ricordato che Becciu ha rinunciato a partecipare al Conclave per la vicenda giudiziaria e canonica che lo coinvolge, pur avendone formalmente diritto.
Attacco concentrico contro Parolin papa: dal Tempo e dal Financial Times
Ma a pesare sulla sua candidatura, secondo quanto sostiene il Financial Times, ci sarebbe anche l’accordo segreto siglato nel 2018 con il governo cinese per la nomina dei vescovi, un’intesa che suscita ancora forti divisioni all’interno della Chiesa. Parolin è stato l’artefice del compromesso che intendeva sanare la frattura tra le chiese “ufficiali” controllate da Pechino e le comunità sotterranee rimaste fedeli a Roma. L’accordo concede alla Cina un ruolo formale nella selezione dei vescovi, un punto che molti, soprattutto tra i cattolici cinesi, considerano inaccettabile. “Generazioni di fedeli sono stata martirizzate per essersi opposte al controllo comunista sulla Chiesa – ha dichiarato John Allen Jr, direttore del sito cattolico Crux – Per molti, questo patto è un tradimento delle loro sofferenze”. Anche il cardinale Joseph Zen, storica voce della resistenza cattolica di Hong Kong e arrestato nel 2022 per il suo sostegno alle proteste pro-democrazia, ha espresso con forza la propria contrarietà. Troppo anziano per votare in conclave, Zen è comunque presente a Roma, dove partecipa alle congregazioni sulla direzione futura della Chiesa. “Pechino ha ottenuto ciò che voleva – ha commentato Lucia Cheung, del Centre for Catholic Studies della Chinese University di Hong Kong – Non rispetta la volontà della Chiesa, né i criteri spirituali per la nomina dei vescovi”.
“Troppo debole con il regime di Pechino”
Secondo il sinologo Francesco Sisci, l’accordo ha prodotto pochi risultati concreti. “La Cina ha rallentato il processo delle nomine, molte diocesi restano senza vescovi. È stato un grande investimento con pochi ritorni”, ha osservato. Eppure, altri sostengono che l’intesa abbia almeno favorito una riconciliazione interna alla comunità cattolica cinese. “I fedeli ora possono celebrare la messa insieme – ha detto lo storico Agostino Giovagnoli – La divisione è stata superata. Era il male minore”. Parolin, descritto dal Financial Times come un diplomatico abile e moderato, resta comunque tra i principali contendenti per il papato.
Come ha ricordato Massimo Faggioli, docente alla Villanova University, in una candidatura da papa, “Parolin incarna una dottrina vaticana consolidata: bisogna dialogare con tutti, anche con il diavolo se necessario”. Il cardinale italiano, conclude il Financial Times, “è il volto dell’accordo con la Cina. Alcuni lo vedono come un capolavoro diplomatico. Altri, come un segno di debolezza”.