
Non solo allarmi
Difendere la biodiversità non è un lusso, ma una necessità. Italia protagonista
Di biodiversità si parla troppo spesso come qualcosa che stiamo irrimediabilmente perdendo. Una parola che ricorre nei titoli quando si annuncia l’estinzione di una specie, la distruzione di un habitat, la comparsa di una nuova minaccia. Eppure, la biodiversità non è solo una vittima da compiangere: è anche un tesoro da proteggere, un valore da riconoscere, un pilastro della nostra stessa sopravvivenza.
La buona notizia è che qualcosa si muove. E non solo a parole. Un segnale concreto arriva dai numeri: secondo il rapporto ISPRA 2024, l’Italia ha ridotto le emissioni di gas serra del 25% rispetto al 1990, con un calo del 3% tra il 2023 e il 2024. Un risultato frutto soprattutto del settore elettrico, che ha visto un crollo delle emissioni del 64% in poco più di trent’anni. Questo dimostra che non solo è possibile produrre energia in modo più pulito, ma che questa transizione può avvenire senza compromettere la sicurezza energetica della nazione. E non è un caso isolato.
Anche a livello internazionale, l’Italia ha fatto sentire la sua voce nelle recenti conferenze sul clima, sostenendo con forza l’abbandono graduale dei combustibili fossili, la triplicazione delle energie rinnovabili e l’efficienza energetica. In altre parole: meno carbonio in atmosfera significa più possibilità per le specie viventi di continuare a esistere. La lotta al cambiamento climatico, infatti, è una delle prime difese della biodiversità.
Ma c’è di più. La biodiversità è entrata ufficialmente tra i principi fondamentali della nostra Costituzione, grazie alla legge costituzionale 1/2022. Non è solo un riconoscimento simbolico: è un segnale forte di quanto la tutela della natura sia centrale non solo per gli ambientalisti, ma per chiunque guardi con responsabilità al futuro. Già dal 1991 con la legge quadro sulle aree protette, l’Italia ha costruito una rete di protezione che oggi conta 24 parchi nazionali, 32 aree marine protette e oltre 130 parchi regionali. Senza contare le aree della Rete Natura 2000, che mettono in relazione il nostro patrimonio naturale con quello dell’intera Europa.
A livello europeo, la Strategia per la Biodiversità al 2030 punta a proteggere almeno il 30% del territorio terrestre e marino e il 10% in modo rigoroso. L’obiettivo non è solo difendere ciò che resta, ma permettere alla natura di rigenerarsi, di ricostruire equilibri compromessi. E qui entra in gioco anche il nuovo Regolamento europeo sul ripristino della natura, che obbliga ogni Stato membro a riportare in buone condizioni almeno il 30% degli habitat degradati entro il 2030, salendo progressivamente fino al 90% entro il 2050.
Non sono misure facili da applicare. L’Italia ha espresso perplessità su alcuni aspetti del regolamento, temendo un impatto eccessivo sull’agricoltura. Ma è fondamentale distinguere tra pratiche agricole sostenibili, che possono convivere con la biodiversità, e modelli intensivi che mettono a rischio il suolo, l’acqua e la salute dei sistemi naturali. L’obiettivo non è contrapporre agricoltura e natura, ma farle lavorare insieme per un futuro comune.
La biodiversità non è solo bellezza, né solo un concetto scientifico astratto. È la base della nostra economia, della nostra salute, del nostro benessere. Gli ecosistemi ci offrono cibo, acqua pulita, aria respirabile, regolano il clima, prevengono disastri naturali. Sono, come ricorda il Millennium Ecosystem Assessment, “molteplici benefici forniti dagli ecosistemi al genere umano”. Difendere la biodiversità, dunque, non è un lusso: è una necessità. E la buona notizia è che possiamo ancora farlo. Ma serve uno sforzo collettivo: dai governi ai cittadini, dalle imprese agli agricoltori. Perché la natura non ha bisogno di noi, ma noi – ogni giorno – abbiamo bisogno di lei.