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La piramide rovesciata

Cronaca dei partiti italiani: come siamo passati dalla tessera ai social (che sono meglio di niente)

Negli anni 1950-80, tantissimi erano regolarmente tesserati a un partito. Poi il terremoto degli anni Novanta ha polverizzato le vecchie sigle e oggi i nomi degli esponenti della più o meno cosiddetta Prima Repubblica non dicono niente a un cinquantenne

Politica - di Ulderico Nisticò - 18 Maggio 2025 alle 07:00

Partiti (partes, in latino), sette, consorterie, congiure, club e aggregazioni politiche sempre ci furono; e fazioni, e con esse la faziosità. Così disse il cardinale degli Ubaldini, zio del conte Ugolino: “Se c’è un’anima, io la perdo per parte ghibellina”; e lo stesso Dante era di guelfo “parte bianca”, prima di prendere le distanze da guelfi e ghibellini, nell’ancora lontano VI del Paradiso. E potremmo continuare con aneddoti e con storie: ma niente di questo somigliava ai partiti politici in senso moderno, il cui inizio, in Italia, può datarsi dalla fondazione del Partito dei lavoratori italiani, nel 1892, l’anno dopo denominato Partito Socialista Italiano (Psi); partito moderno nel senso di organizzazione gerarchica, con organismi nazionali e locali, sedi e tessere; e appartenenza ufficiale a gruppi parlamentari e in rappresentanze periferiche.

Nel 1919 don Sturzo, per quanto sconfessato dal Vaticano, costituì un Partito Popolare che, secondo lui, doveva rappresentare i cattolici. Lo stesso anno, il 23 marzo a piazza San Sepolcro di Milano, vengono fondati i Fasci di combattimento; che due anni dopo, unendosi ai nazionalisti, divennero il Partito Nazionale Fascista (Pnf). Nel 1921, una scissione di Livorno del PSI diede vita al Partito Comunista d’Italia; nel 1922, una scissione di Matteotti creò un Partito Socialista Unitario. I liberali, al potere dal 1848, restavano però un movimento di opinione non strutturato. Con le Leggi fascistissime del gennaio 1925, tutti i partiti vennero vietati, tranne il Pnf; di fatto, tuttavia, divenne sempre più un ente di Stato e sempre meno un movimento politico. Sciolto dopo il 25 luglio 1943, rinacque come Partito Fascista Repubblicano, per dissolversi nell’aprile del 1945.

Erano intanto tornati dagli esili gli esponenti dei partiti prefascisti, che costituirono vecchi e nuovi partiti. Questi furono i presenti alle elezioni del 2 giugno 1946 per la Costituente, e ottennero voti e seggi: Democrazia Cristiana (Dc), già Partito Popolare; Partito Comunista Italiano (Pci); Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (Psiup); Partito Liberale, ormai a sua volta organizzato; Partito Repubblicano; e altri che da lì a poco sparirono: Fronte uomo qualunque; Blocco Nazionale della Libertà; Partito Democratico del lavoro; Partito d’Azione; Movimento indipendenza Sicilia; Concentrazione Democratica Repubblicana; Partito Sardo d’Azione; Partito dei contadini d’Italia; Movimento Unionista; Partito Cristiano Sociale; Fronte Democratico Progressista Repubblicano. Mentre altri partiti nascevano: Movimento Sociale Italiano nel 1946; Partito Socialdemocratico, scissione socialista del 1947; varie compagini monarchiche; compagini postfasciste… Da notare che tutti i partiti erano di fatto, quando non anche di diritto, divisi in correnti.

Tale situazione rimase abbastanza stabile fino agli anni Novanta, quando per le crisi interne, e l’indebolirsi delle ideologie di riferimento, i partiti subirono il colpo di indagini giudiziarie (“Mani pulite”), le quali, condotte male e con rari risultati in senso tribunalizio, accelerarono tuttavia il crollo della cosiddetta Prima Repubblica con i suoi partiti. Quello Socialista sparì del tutto; la Democrazia Cristiana, in cachessia, tentò di tornare a chiamarsi Partito Popolare, senza alcun successo; Pli, Pri, Psdi e altri si dissolsero inavvertitamente; il Pci, travolto dalla fine del comunismo e dell’Urss, cambiò più volte nome e identità, e con una ridda di segretari. Per tutt’altre cause, il Msi (da 1972 Msi-Dn) divenne Alleanza Nazionale, poi fusa con Forza Italia.

Riassunto: non rimane nulla delle sigle del 2 giugno 1946. Vi ricordate l’arco costituzionale? Ebbene, dell’arco che fu non resta manco un solo partito. Banale ma significativo, è rarissimo incontrare uno che quel giorno abbia votato e sia ancora vivo. Come dice Tacito che ai tempi di Augusto ormai vecchio nessuno aveva più ricordo personale della repubblica romana. I nomi degli esponenti della più o meno cosiddetta Prima Repubblica non dicono niente a un cinquantenne di oggi. Anche quelli che fummo iscritti e abbiamo votato i partiti del mezzo secolo seguente il ‘46, non siamo esattamente di primo pelo!

Dopo questo catalogo di cose in buona parte arcaiche, esaminiamo il fenomeno sotto l’aspetto della politologia. Negli anni del Ventennio, gli Italiani erano abituati, volenti molti, e anche i nolenti, a frequentare il Fascio e le sue attività e sedi; e questo li politicizzò; nel dopoguerra, non persero l’abitudine, solo la riversarono sui nuovi partiti, Msi incluso. Negli anni 1950-80, tantissimi erano regolarmente tesserati a un partito, e per tanti la tessera era una sorta di stemma d’onore e di dovere, o almeno di appartenenza e comunità e gruppo umano. La sede fisica, quando c’era… quella del Msi la pagavamo di tasca, e qualcuno, che per debolezza o furbizia era passato ad altri, versava di nascosto il contributo… La sede era un luogo da frequentare e difendere; e si tenevano i comizi, a volte caldi e pericolosi. E in quegli anni a scuola si parlava di politica più che di calcio. Poi i partiti del potere degenerarono in associazione di mutuo soccorso: e infatti, uscirono di scena quando non poterono più soccorrere e foraggiare nessuno.

E oggi? Nel 2025, vogliamo ricordare, in ordine di peso politico, un centrodestra, più esattamente destracentro, con Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia; una sinistra con Pd e altre sigle; e altre sigle non bene definibili, con un’opposizione a volte coalizzata, a volte no. A sentire la tv e leggere la stampa, parrebbe fosse in atto chissà quale fervore di discussioni e conflitti. In realtà, numeri alla mano, va a votare a stento un 60%; e le nipotine della vecchietta del 1960 che, appassionata e faziosa, si faceva portare alle urne in barella, spesso oggi manco sanno che si vota.

La politica appare piramidale, però se misurassimo la partecipazione effettiva, la piramide apparirebbe rovesciata, con basi quasi inesistenti anche se votanti, e vertici che, a vario titolo, si danno da fare. Nelle realtà locali, e nelle serali conversazioni per far l’ora di cena, la politica è un argomento vieppiù sporadico. O si è rifugiata nei social, i vituperati social, i quali almeno ospitano opinioni, discutibili spesso, e bizzarre, ma almeno opinioni.

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di Ulderico Nisticò - 18 Maggio 2025