
Soglio pontificio
Chi ha paura di un Papa nero? Come reagirebbe la sinistra a un pontefice africano
I media mainstream spaventati dall'ipotesi di un pontefice conservatore e africano. Dovrebbero mettere in discussione tutti i loro cliché sul terzo mondo
Società - di Andrea Moi - 4 Maggio 2025 alle 07:00
Immaginate cosa accadrebbe se dopo la fumata bianca, comparisse un Papa nero. Sarebbe curioso assistere non tanto al possibile avverarsi della profezia di Nostradamus, quanto all’ennesimo cortocircuito della sinistra occidentale.
Chi ha paura del Papa nero?
Parliamoci chiaro: riviste, intellettuali e politici della gauche sono in ansia. Un Papa in discontinuità con Francesco cadrebbe in mano conservatrice e si sa, il pontefice oltre a essere un capo spirituale è un punto di riferimento politico. Lo ha dimostrato bene Bergoglio con interventi tranchant su conflitti e società. A sovrapporsi al timore di un conservatore sul soglio di Pietro, si aggiungerebbe un imbarazzo non da poco: potrebbe essere africano.
Da luogo della speranza a quello della paura
Voi direte “che problema c’è?” Per chi scrive, nessuno. Però è già possibile immaginare l’editoriale tipo di una qualsiasi firma impegnata della stampa che piace ai salotti: “Possiamo (af)fidarci di un Papa che proviene da un paese povero e culturalmente arretrato? Come può un uomo che non ha frequentato la società ‘aperta’ essere un Papa veramente inclusivo?”. Ebbene sì, c’è da scommetterci che con l’arrivo di un nome come Besungu o Sarah, l’Africa uscirebbe dal cliché in cui i media mainstream l’hanno rinchiusa. Non più un luogo di sofferenza gremito di “risorse” che dovremmo accogliere, bensì un buco nero dove crescono analfabetismo e povertà culturale.
È già partita la macchina del fango
Ne è testimone un articolo comparso su La Stampa il 30 aprile dove, citando la voce di presunti detrattori dell’arcivescovo Congolese, si parla già di “simbolo di arretratezza culturale”. Il motivo è chiaro: sui temi etici, ad esempio sull’approccio verso l’omosessualità, e sui dettami della dottrina i cardinali africani non sono certo in linea con quanto si professa in certe parti d’Europa. Sono quindi aperte le danze del triste spettacolo. Gli eserciti del mainstream sono pronti a scaricare la loro frustrazione su un Terzo mondo che non gli sorride.
Gli altri volti del continente
Eppure l’Africa è un continente in crescita con 54 stati composti da circa 3mila etnie. Storie diverse, climi diversi. Del miliardo e mezzo di persone che abitano queste terre, è impossibile rinchiudere tutti nel cliché del rifugiato che ha il solo obiettivo di raggiungere l’Europa. Per quanto dalle nostre parti si sforzino di raccontare l’Africa solo attraverso questo punto di vista, esistono tante altre Afriche che disattendono queste aspettative. Tra i vari volti del continente, c’è quello delle comunità cristiane e cattoliche. Nel solo Congo, luogo natio di Besungu, si contano 52 milioni di fedeli, nella Nigeria oltre 30. Una storia a sé l’Etiopia, con 45 milioni di cristiani e una tra le Chiese più antiche del mondo.
Un conservatore rivoluzionario
Una complessità, quella del continente nero, che passa spesso in seconda piano a causa di una narrazione distorta e viziata. Ed ecco quindi che risulterebbe strano agli occhi di un europeo engagé, vedere sul soglio petrino un africano senza coperta termica dorata ma con indosso il talare bianco. Da un razzismo neanche troppo nascosto, le critiche alle posizioni del nuovo pontefice verrebbero accompagnate dalla discriminazione etnica: “è africano, è oscurantista ” perché l’Africa va bene ma solo quando fa comodo ai sostenitori della tratta migratoria. Prendiamo Besungu. È sotto inchiesta in Congo perché avrebbe incitato alla rivolta la popolazione contro le derive autoritarie. Inoltre è un fermo oppositore delle politiche neocoloniali e si scaglia da sempre contro lo sfruttamento delle risorse naturali dell’Africa.
I buoni e i cattivi nel favoloso mondo del Mainstream
A quanto pare il 7 maggio si potrebbe già avere una scelta decisiva del Conclave. Ci sfiliamo dal totonomi nel quale si stanno dilettando i media nostrani come se si trattasse di una novella Isola dei famosi. La verità è che queste elezioni portano per l’ennesima volta a galla le ipocrisie del progressismo occidentale che, gratta gratta, si rivela sempre più elitario e classista. Figlio di una visione manichea della società dove i buoni, stanno dalla loro parte e devono corrispondere alle loro aspettative. I cattivi invece, hanno le sembianze dell’uomo “nero”.
di Andrea Moi