
Il commento
Avviso ai naviganti: dal 1945 sono passati 80 anni. La storia è andata avanti, anche se qualcuno sembra dimenticarlo
Una storia condivisa non è una storia ipocrita, ma una storia che supera le letture parziali e riparte con sguardo vichiano da cronologia e geografia. Il tempo trascorso dalla fine della guerra lo consentirebbe, ma per molti manca la volontà
Inevitabile citazione storica. L’anno 31 a.C., quando Ottaviano sconfisse Antonio e Cleopatra, che poi si uccisero, era console un Cicerone, figlio di Marco, ucciso nel 43 da Antonio con la connivenza di Ottaviano. Questi morrà nel 14 d.C., e dopo aver sepolto da decenni il fior fiore della storia e della letteratura che studiamo a scuola. Più terra terra, chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, a Roma antica, e anche dopo il 1945 in Italia. C’è chi di quei fatti e loro protagonisti parla come fossero freschi freschi, ma sono ormai passati e dimenticati dai più. Vediamoli, in breve.
Ab Jove principium. Eugenio Pacelli, testimone e protagonista dei fatti, come papa Pio XII dal 1939, e anche del dopoguerra italiano, lasciò la vita terrena nel 1958. Fino al 2 giugno 1946, l’Italia era ancora un Regno; il 9 maggio era re Vittorio Emanuele III, tale dal 1900, poi anche imperatore d’Etiopia e re d’Albania, poi un’altra volta solo re; aveva però delegato, nel giugno ’44, il figlio Umberto in qualità di luogotenente. Vittorio morrà nel ‘47 ad Alessandria d’Egitto; Umberto, re titolare per un mese, morrà in esilio nell’83. Morrà nel 2024, il figlio Vittorio Emanuele; e sorvoliamo su discutibili cronache. A proposito di re, Hirohito, imperatore del Giappone, sconfitto nel 1945 però mantenuto sul trono dagli Americani, vi resterà fino al trapasso, nel 1989.
Caduto il Regno d’Italia, nei tumultuosi giorni dopo il 2 giugno venne eletto presidente provvisorio della Repubblica un Enrico de Nicola, notoriamente monarchico. Ebbe poi altri incarichi, e morrà nel ’59. Badoglio, artefice del disastro dell’8 settembre, primo ministro di due brevi governi, morrà nel ’56. Tra gli immediati successori, e senza dire degli insignificanti Bonomi e Parri, ricordiamo De Gasperi, presidente del Consiglio, poi deposto da manovre interne DC, e morto nel ’54. Togliatti, numero tre del Comintern e capo dei comunisti italiani, morì in Urss nel ’64. Nenni, capo dei socialisti, finì all’ombra del Pci, per essere poi superato da altre figure del partito ormai di centrosinistra, e morire nell’80.
Uno sguardo all’estero. Stalin, vincitore della Seconda guerra mondiale e conquistatore di mezza Europa, morì nel ’53 in circostanze non chiarissime: come per secoli accadde nel Cremlino. Churchill subito dopo la guerra perse le elezioni, morendo nel ’65. Truman fu rieletto fino al ‘53, e morì nel ’72. Mao, capo dei comunisti cinesi, dominerà fino alla morte nel ’76. Il suo nemico, il nazionalista Chiang, ridottosi a Formosa (Taiwan), visse fino al ’75. Il vietnamita Ho Chi Min, vincitore dei francesi, morrà nel ’69; il generale Giap, vincitore degli americani, visse fino al 2013. Franco governò la Spagna fino alla morte nel ’75, e dopo aver avviato un’ordinata successione. Tito tenne in mano la Iugoslavia, la quale dal suo trapasso nell’80 precipitò verso la sanguinosa dissoluzione, che il tiranno non aveva prevista né prevenuta.
Torniamo in Italia. Sarebbe una rete a porta vuota segnalare quanti della classe politica degli anni 1950-90 erano stati fascisti, e non nel senso di ingenui Balilla, ma di fascisti in carriera, con tanto di premi ai Littoriali… Non facciamo nomi o ne scorderemmo a migliaia. Chi scrive osserva che non c’è molto da stupirsi né delle carriere né del neoantifascismo dei fulminati dal nuovo; e si concede lo svago di far notare quanti di loro, se il fascismo fosse durato altri trent’anni, sarebbero stati gerarchi o governatori di colonie, o ministri: e affaccia tutte le sue più desolate riserve. Quanto alla Germania, nessuno si attardò a chiedere cosa avessero fatto tra il 1932 e il ’45 i democristiani e liberali dell’Ovest (esempio, Adenauer, 1876-1976 ) e i neocomunisti dell’Est: silenzio stampa!
Dei fascisti italiani che non vennero uccisi nei giorni della disfatta del ’45, o che ebbero altra sorte o presero altre strade di vita, molti conservarono ideali o almeno nostalgie; ne abbiamo accennato in altre occasioni. Qui rammentiamo innanzitutto i caduti più noti di quei giorni di stragi: Mussolini stesso, Pavolini, Farinacci, Starace, Bombacci, Casalinuovo, Mezzasoma… Graziani, condannato all’ergastolo, liberato quasi subito, venne sepolto con solenni esequie nel ’55. Valerio Borghese, di cui poi si raccontarono vicende arcane, morì nella Spagna ancora franchista. Piera Gatteschi, generale delle Ausiliarie, si spense nell’85.
Ciano e de Bono, con altri, nel gennaio del ’44 erano stati fucilati a Verona da un tribunale della Rsi. Altri condannati a morte ebbero storie personali diverse: Bottai finì nella Legione straniera francese, tornando in Italia per finire nel ’59; Grandi visse in patria fino all’88… L’opportunità politica e l’amnistia Togliatti consentirono di organizzare vari raggruppamenti dichiaratamente neofascisti, in facile spregio della XII disposizione e della seguente legge Scelba.
Il 26 dicembre 1946 venne fondato a Roma il Movimento Sociale Italiano; si rivelò di successo la sua scelta di accettare le regole del nuovo sistema: “Non rinnegare e non restaurare”, che si mormorò fosse suggerito da Alberto Moravia al cugino de Marsanich. Già nel 1948 il Msi partecipò alle elezioni politiche, eleggendo senatori e deputati: dal 1953, trascorsi i cinque anni della draconiana XII, verranno eletti anche esponenti del Ventennio. Vantando di media un milione e mezzo di voti, quarto partito italiano, e qualcosa in più con il Msi-Dn e fusione di quanto restava dei monarchici, il partito trasse profitto dallo sfascio della Prima repubblica nelle amministrative del 1993, mietendo cinque milioni di mezzo di voti alle politiche del ’94. Qui finisce, con il 31 dicembre di quell’anno stesso, la testimonianza personale di chi scrive.
Della vicenda del Msi, cito (con la voluta freddezza dell’ordine alfabetico, e al netto di vicende di entrate e uscite e scissioni e correnti… ) solo quelli che non sono più tra i vivi: Accame, Agostinacchio, Almirante, Anderson, Bacchi, Baghino, Biliardo, Birindelli, Buontempo, Buscaroli, Caradonna, Covelli, De Agazio, De Marsanich, Di Crollalanza, Di Marzio, Filosa, Franco, Gatteschi, Giugni Lattari, Greggi, Graziani, Lauro, Lucci Chiarissi, Lo Porto, Maceratini, Manna, Mantica, Massi, Menniti, Michelini, Niccolai, Pace, Pazzaglia, Parlato, Petronio, Pini, Pisanò, Preda, Rauti, Roberti, Romualdi, Rositani, Russo Perez, Sermonti, Servello, Staiti, Tassi, Tatarella, Tedeschi, Tonelli, Tosca, Trantino, Tremaglia, Tricoli, Tripodi, Turchi, Valensise, Vassallo, Vitale…
Quelli della mia non verde età ricordano di aver frequentato quei dirigenti, e non meno spesso di aver litigato e contrastato con loro. E hanno in mente quanti difesero le sezioni e le piazze e la Fiamma, a volte lasciando la vita. Ricordano anche, a volte con commozione, i “nostri” che, umili e ferrei militanti, nei piccoli paesi mantenevano con dignità e con sacrificio la mai piegata pattuglia di votanti fedelissimi, in attesa che qualcuno, anche in ciò con impegno e spese, venisse a tenere il comizio, sfidando minacce e tumulti. Anche questa sarà vicenda umana e politica dopo il 1945.
La storia continuò dunque dopo la Seconda guerra mondiale. Qualcuno parla come fossimo ancora ottant’anni fa, ma è palese che non è più così. Molti dei protagonisti di ogni nazionalità e segno e colore e cronaca personale hanno lasciato libri di memorie, raccontando i fatti non solo e non tanto in modo soggettivo, quanto in modo parziale. Sarebbe ora di una storiografia condivisa… e mica nel senso di essere ipocritamente tutti d’accordo, perché non lo siamo per nulla, dico nel senso più ovvio di raccontare gli avvenimenti con i vichiani occhi della storia: geografia e cronologia; e come andarono dal 1915 al 1943, al 1945… e fino al 2025… e poi, vedremo, o vedranno, se qualcuno tra decenni racconterà le nostre cronache.