
Prima della fine: nuovi scavi
Pompei ultimo atto, emergono i resti di una famiglia che tentava di salvarsi: il letto davanti alla porta per proteggersi dall’eruzione
La scena è venuta fuori nello scavo in corso nella Domus di Elle e Frisso: la famiglia aveva cercato di proteggersi dalla lava del Vesuvio
Pompei, gli ultimi istanti prima della fine: il letto di traverso a sbarrare la porta della camera da letto per proteggersi dalla furia del Vesuvio; i resti di alcune vittime, tra cui un bambino; e gli oggetti quotidiani, segnali di una vita, poi bruscamente interrotta e che ancora una volta raccontano l’unicità di Pompei e dei suoi ultimi istanti prima della distruzione. Nuovi, recenti scavi nella casa di Elle e Frisso all’interno del Parco archeologico riportano alla luce una scena drammatica. La casa di Elle e Frisso, dal nome del quadro mitologico rinvenuto in uno degli ambienti, è ubicata vicino alla Casa di Leda e il cigno, già documentata nel 2018. Entrambe sono state oggetto di interventi di scavo conseguente ai lavori di consolidamento e tutela.
Gli ambienti riportati alla luce
Gli ambienti portati in luce oltre all’ingresso, sono l’atrio con impluvium (vasca di raccolta delle acque); una camera da letto (cubiculum), una sala da banchetto (triclinium) con pareti riccamente decorate; e un vano con una tettoia e un’apertura al centro per il passaggio dell’acqua piovana. Proprio questa apertura potrebbe aver determinato l’ingresso dei lapilli che cascavano a pioggia all’interno della casa durante le prime fasi dell’eruzione; e da cui le vittime, oggi rinvenute, avevano provato a proteggersi rifugiandosi in un ambiente, sbarrato con un letto. Di quest’ultimo è stato possibile riprodurre il calco, dopo aver individuato nella cenere solidificatasi dei vuoti, formatisi a seguito della decomposizione organica del legno. All’interno dei vuoti è stato versato il gesso per ricostruire la forma del letto conservato come impronta nella cenere.
Resti di quattro individui, uno è un bambino
Nel corso dello scavo sono emersi anche i resti di almeno quattro individui, tra i quali un bambino. A quest’ultimo probabilmente doveva appartenere la bulla in bronzo qui ritrovata: ovvero un amuleto che veniva fatto indossare ai figli maschi fino al raggiungimento dell’età adulta. Tra i vari altri oggetti rinvenuti anche un deposito di anfore, stipato in un sottoscala con funzione di dispensa, alcune delle quali adibite al contenimento del garum, una salsa di pesce molto diffusa; e un set di vasellame in bronzo, composto da un attingitoio, una brocca monoansata, un vaso a paniere e una coppa a conchiglia. Alcuni elementi, quali le soglie asportate, l’assenza in alcuni punti di decorazione, le tracce di taglio di porzioni di muratura nell’ingresso della casa lasciano supporre che la casa fosse interessata, al momento dell’eruzione, da interventi di ristrutturazione. Tuttavia continuò ad essere occupata dai suoi abitanti che colti dall’eruzione, preferirono non allontanarsi dall’abitazione, trovando qui la morte.
Come hanno cercato di salvarsi
“Scavare a Pompei e visitarla vuol dire confrontarsi con la bellezza dell’arte ma anche con la precarietà della vita di tutti noi. – dichiara il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel -. In questa piccola casa meravigliosamente decorata abbiamo trovato le tracce degli abitanti che hanno cercato di salvarsi; bloccando l’ingresso di un piccolo ambiente con un letto di cui abbiamo realizzato il calco. Questo perché dall’apertura del tetto dell’atrio entravano i lapilli, le pietre vulcaniche che rischiavano di invadere lo spazio. Non ce l’hanno fatta, alla fine è arrivata la corrente piroclastica, un violento flusso di cenere caldissima che ha riempito qui, come altrove, ogni ambiente, le scosse sismiche avevano già prima fatto crollare molti edifici. Un inferno che colpì questa città il 24 agosto del 79 d.C., di cui ancora oggi troviamo le tracce”.