
"Antifascisti immaginari"
Padellaro fa a pezzi la sinistra: “Basta col piagnisteo antifascista. Schlein e Conte quando si decidono a condannare le foibe?”
Giorgia Meloni «ha fatto una dichiarazione buona il 25 Aprile. Certo, per i misuratori dell’antifascismo ancora non ci siamo. Ho assistito a studi con il goniometro, per stabilire quando un braccio teso può dirsi fascista». Parole nette pronunciate da Antonio Padellaro, già direttore de l’Unità, fondatore del Fatto quotidiano e dichiaratamente di sinistra. Ma anche Padellaro si è stancato dei “professionisti dell’antifascismo” per parafrasare una vecchia metafora di Leonardo Sciascia e ha scritto il libro “Antifascisti immaginari”, pubblicato da PaperFirst con la prefazione di Marco Travaglio.
Padellaro spiega il suo libro “Antifascisti immaginari”
Al Corriere della Sera, Padellaro ha spiegato in maniera categorica che non ne può più di «questo antifascismo recitativo, da rendita di posizione, con quelle che con Travaglio chiamiamo facce da Ventotene». E spiega chiaramente che «ripetere stereotipi però non fa bene, se tutto è fascismo niente più è fascismo. La cultura del piagnisteo non convince neanche a sinistra, e non porta un voto contro Meloni. Voto centrosinistra da sempre, la mia è anche una reazione da frustrazione. Vorrei una visione forte, vedo invece una realtà spaccata e piena di luoghi comuni che lasciano il tempo che trovano».
“Gad Lerner mi critica? Accetto solo obiezioni serie”
Alle critiche dei compagni, a cominciare dal furibondo Gad Lerner, che ha sbattuto la porta e ha abbandonato Il Fatto quotidiano perché troppo indulgente con il pericolo nero, l’ex direttore dell’Unità replica con pacatezza ma con altrettanta nettezza. «Accetto obiezioni serie, e le ho ricevute, come quelle della professoressa Michela Ponzani. Se invece mi si dice che strizzo l’occhio a Meloni non mi interessa. Di Gad mi dispiace, lo considero anche un amico, mi sarebbe piaciuto parlargli guardandolo negli occhi, perché o non ha letto o non ha capito».
Padellaro inchioda la sinistra e il Movimento 5 Stelle, a cominciare dalla reticenza sulle foibe. «Parole nette da Sergio Mattarella, ma Elly Schlein e Giuseppe Conte non c’erano. C’è il complesso di cadere nella propaganda? Non sarebbe bello essere meno ambigui e sentire come propria la condanna di quella tragedia?».
Il giornalista ne ha anche per la cultura woke, «Quella cultura è animata da un principio sano, che sento profondamente mio. Ma anche qui: non può diventare parossismo, e tanto meno manganello da scagliare sulla testa di chi non è convinto». Per poi chiudere l’intervista: «Sul mio libro poi le polemiche le avevo messe nel conto. Ho quasi 79 anni e volevo dire delle cose in modo diretto, non mi appello alla clemenza della corte».