Torna in voga il pamphlet di Fulvio Abbate: “Vi spiego io chi sono gli amichettisti di sinistra”

23 Gen 2024 14:57 - di Vittoria Belmonte
Fulvio Abbate

Si chiama “L’amichettismo” il pamphlet di Fulvio Abbate, irregolare intellettuale di sinistra-sinistra, scaricabile da internet fin dal maggio 2023. Uno scritto-requisitoria sui vizi della sinistra fucsia che ha inaugurato nel lessico politico una nuova etichetta, la stessa usata da Giorgia Meloni in tv per dire agli “amichettisti” di sinistra che si devono rassegnare a stare un turno ai margini.

Fulvio Abbate, dunque, è il papà di un neologismo destinato a avere molta fortuna a destra perché rende benissimo il senso di elitaria separazione di quelli che con espressione abusata si chiamavano salotti radical chic. Adesso c’è un nuovo appellativo per definirli, e Meloni l’ha rilanciato con quell’intuito politico che non le fa difetto. Sono gli amichettisti, appunto.

Scrive Abbate: “L’amichettismo, tendenzialmente, per sua natura, si è imposto in un contesto subculturale che per semplicità definiremo “di sinistra”, nella convinzione manichea, quasi carceraria, che l’altrove sia da guardare, appunto, con sospetto. In nome di un obiettivo etico superiore”. Pensate ai sorrisini di Giovanni Floris o a quelli di Michele Serra mentre si vanta di non avere mai “parlato con gli elfi” e vi farete una precisa idea di ciò cui allude Fulvio Abbate.

Ancora: “La lingua dell’amichettismo racconta quindi un educandato ricattatorio, escludendo ogni altra presenza ritenuta disturbante. L’Altro, il mondo distante dal suo perimetro, prato di “belle intenzioni”, percepito come sospetto, nemico, “straniero”. Nelle “comitive” rionali del tempo analogico” esisteva la “solidarietà da “muretto” ma si “trattava tuttavia di una condizione temporanea, pronta a svanire con l’arrivo dell’età adulta, nel ritrovato disincanto dell’ironia, dell’autoironia infine conquistate di fronte al quotidiano esistenziale piccolo-borghese. L’amichettismo per definizione pretende invece un’adesione perenne, illimitata, quasi “ideologica”, propria di un ricatto politico sentimentale, una dimensione pervasiva, quasi claustrale, soffocante, un patto di potere eterno. “Tu stai con noi, tu sei noi, gli altri solo brutta gente…”.

Gli amichettisti si sentono i migliori. Infatti “l’amichettismo, si sappia ancora, ha la pretesa sovrana di mostrare il Lato A del Bene. Nel Lato B vive l’Altro, l’estraneo, l’escluso, l’individuo sospetto. Marchiato sovente come “rosicone”, lessico plebeo, tuttavia utilizzato anche dai “laureati”, dagli iscritti alle migliori scuole di scrittura creativa, lettori garantiti delle rubriche di Concita De Gregorio su “la Repubblica”.

Michela Murgia era una perfetta interprete dell’amichettismo e oggi lo è Chiara Valerio. “Costei, la Valerio – scrive Abbate –  spiega altrove risibilmente il valore della “tenerezza” citando impropriamente Che Guevara, che per nulla tenero si pose con i dissidenti cubani”.

Infine, per l’autore, “Elly Schlein ha “conquistato” il Pd con un programma espressamente amichettistico. Il partito già dei “grandi”, degli adulti d’improvviso affidato ai “ragazzi”, ai “giovani”, alle amichette e agli amichetti. Neppure la Federazione giovanile comunista italiana, vivaio di timidi complessati trattenuti dalla moderazione cattocomunista, la Fgci, era riuscita a raggiungere un simile risultato. Per spiegare al meglio questa mutazione prendiamo ad esempio una foto dove non appare direttamente Schlein, in sua rappresentanza un giovane, Mattia Santori, “amichetto di strada”, già animatore delle “Sardine” bolognesi, clone ulteriore dei “girotondi”; un ragazzetto, faccina da Erasmus, da braccialetto giallo “Verità per Giulio Regeni”, appunto”.

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