Extraprofitti, lo studio che inchioda le banche: gli italiani dovrebbero avere 20 miliardi in più sui conti

16 Set 2023 13:12 - di Vittorio Giovenale
studio banche

Se qualcuno ha ancora dubbi sulla tassa sugli extraprofitti alle banche si legga lo studio appena pubblicato dell’Ufficio studi della Cgia. Scoprirà che, senza colpo ferire, le banche italiane hanno tolto a imprese e cittadini, incluso il fisco italiano, quasi 20 miliardi di euro. Ecco perché, spiegato in termini estramente semplici.

Lo studio della Cgia: con i tassi di oggi nel 2008 le banche davano ai risparmiatori 20 miliardi in più

Se le banche applicassero infatti gli stessi interessi sui depositi in conto corrente del 2008, anno in cui il tasso di riferimento della Bce era lo stesso di oggi, le famiglie e le imprese disporrebbero di 14,6 miliardi netti in più. A beneficiarne sarebbe anche il fisco che dal prelievo sui risparmi vedrebbe aumentare il gettito di 5,1 miliardi. Nel complesso, pertanto, correntisti ed erario disporrebbero di 19,7 miliardi aggiuntivi.

Nel 2008 il tasso della Bce era al 4,25% esattamente come oggi

Quindici anni fa il tasso principale di rifinanziamento della Bce era al 4,25% e i tassi di interesse applicati dalle banche sui depositi degli italiani erano all’1,87%. Oggi, a parità del costo del denaro stabilito da Francoforte, sono invece allo 0,38%. Ebbene, se ai 1.320 miliardi di risparmi attualmente depositati negli istituti di credito italiani fosse applicato l’1,87% (anziché lo 0,38), famiglie e imprese si ritroverebbero con 14,6 miliardi netti in più.

Lo studio sui tassi della banche: il fisco italiano avrebbe guadagnato molto di più

A gioire, comunque, sarebbe anche il fisco che, grazie a questo allineamento ai tassi attivi di 15 anni fa, incasserebbe 5,1 miliardi di gettito in più dall’attuale applicazione delle imposte sugli interessi. Sommando i due importi, risparmiatori e fisco si ritroverebbero con 19,7 miliardi aggiuntivi: praticamente quasi un punto di Pil. Se dal confronto tra il 2008 e il 2023 emerge che i tassi attivi sui depositi in conto corrente erano più alti 15 anni fa, per la Cgia è altrettanto corretto segnalare che anche dal confronto sugli interessi applicati ai mutui per l’acquisto di una abitazione, questi ultimi nel 2008 erano più alti di oggi. Sebbene il tasso di riferimento della Bce sia lo stesso (4,25%), il tasso di interesse medio inclusi i costi (Taeg) applicato oggi in Italia a un mutuo è al 4,58%; 15 anni fa, invece, era al 5,95%.

Qualcuno ha ancora da ridire sulla tassa sugli extraprofitti?

Per la Cgia va altresì segnalato che i due casi appena richiamati hanno un numero di soggetti coinvolti molto diverso. Se tutte le famiglie italiane (pari a poco più di 26 milioni di unità) possiedono un conto corrente (in una banca o in Poste Italiane), le famiglie che hanno acceso un mutuo presso un istituto di credito per l’acquisto di una casa sono attualmente “solo” 3,5 milioni (circa il 13% circa del totale). Pertanto, se tutte le famiglie scontano tra il 2008 e il 2023 una perdita dal confronto della remunerazione dei propri risparmi, quelle che invece si avvantaggiano ipoteticamente dal confronto del tasso applicato sul mutuo sono poche. Per le banche, ovviamente, la situazione si capovolge: se tra il 2008 e il 2023 il beneficio economico dall’applicazione degli interessi attivi sui conti correnti è molto elevato, la “perdita” dall’applicazione dei tassi sui mutui è, invece, contenutissima.

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