Minniti al Secolo: “Bene Meloni su migranti e Piano Mattei. L’Occidente si muova per non favorire Putin”

2 Ago 2023 8:50 - di Mario Campanella
Marco Minniti

Marco Minniti, 67 anni, nato a Reggio Calabria. Da giovane aderisce al Pci in una città segnata dalla rivolta e dai sussulti della ndrangheta. Diventa segretario provinciale del partito, poi numero uno del Pds. Ma l’orizzonte calabrese gli sta stretto. Nel 1998 è sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con Massimo D’Alema. Parlamentare per vent’anni, è stato vice ministro agli interni, di nuovo sottosegretario alla presidenza del consiglio nel governo Renzi con la  delega ai servizi segreti, poi titolare del Viminale durante il governo Gentiloni. Presiede la fondazione Med Or di Leonardo ed è una delle menti più lucide della geopolitica e dell’immigrazione.

Presidente, partiamo dalla Conferenza di Roma sulla migrazione e sul Mediterraneo organizzata dal governo. Qual è il suo giudizio?

Guardi , la premessa è d’obbligo. L’immigrazione è un problema strutturale non emergenziale. La Conferenza è stata un’occasione molto importante e positiva per mettere a fuoco una questione che, tra la crescita demografica e i cambiamenti climatici, può essere un problema serio per il nostro Paese. Noi paghiamo un prezzo alto per le conseguenze del trattato di Dublino che l’accordo di Lussemburgo non ha modificato. Per questo considero l’appuntamento di Roma un grande passo in avanti.

In cosa consiste questo passo in avanti?

Dalla Conferenza passa il messaggio del ruolo politico che l’Italia vuole svolgere, trovandosi al centro del Mediterraneo, nel punto di incontro fra  Occidente e Sud del mondo. Tutto questo si lega indissolubilmente alla guerra in Ucraina.

C’è un punto di contatto tra la questione mediterranea e il conflitto in Ucraina?

Assolutamente sì e riguarda anche l’ultima Conferenza Nato in Lituania. Io sono chiaramente favorevole all’ingresso dei paesi scandinavi nella Nato e lo sarò anche quando entrerà l’Ucraina, il cui ingresso attuale come ha detto giustamente Biden provocherebbe una guerra mondiale Ma tutto questo sposta gli equilibri a nord nel mondo e noi non possiamo lasciare vuoti nella politica internazionale.

Anche l’incontro Biden Meloni va nella giusta direzione?

Sì, assolutamente. L’Italia organizza la Conferenza a cui, però, partecipano Von der Leyen e Michel, dando quindi una connotazione europea alla bilateralità con l’Africa. E coglie un’esigenza giusta. C’è un contesto che cambia l’ordine mondiale che conoscevamo. Nei prossimi giorni ci sarà la conferenza di Gedda a cui interverrà direttamente Zelensky. E questo significa che Paesi che erano, per cosi dire, neutrali rispetto al conflitto in Ucraina, assumeranno una posizione precisa e chiara.

Come giudica l’ipotesi di un piano Mattei?

Al di là del nome, e Mattei era un grande italiano, va nella direzione di un cambiamento sostanziale che mira a recuperare posizioni nel Mediterraneo. Abbiamo erroneamente ritenuto che l’Africa fosse divisa tra simpatie verso la Cina e la Russia e che ignorasse l’Europa. Nel gennaio del 2022, un mese prima dell’inizio della guerra a Kiev,  facemmo notare che in Malì si inneggiava a Putin . Ma quel grido verso l’Europa non può rimanere inascoltato.

Cosa deve fare l’Occidente per approcciarsi direttamente alla questione dei flussi migratori e al contemporaneo conflitto in Ucraina?

Decidere subito e per questo va bene l’incontro di Roma. Il prossimo anno ci saranno le elezioni europee e questo significa che avremo la nuova Commissione presumibilmente non prima di settembre 2024. Si voterà in Polonia e soprattutto si voterà negli Stati Uniti. Non possiamo perdere un anno perché la destabilizzazione africana favorisce solo gli interessi di Putin.

Qual è la prima cosa da fare per affrontare subito la questione migranti?

Abolire la Bossi-Fini. E lo direi se si chiamasse legge Minniti. Cercare accordi sia con i Paesi di partenza che di transito. Il governo ha opportunamente inserito un primo decreto flussi. Dobbiamo capire il nostro fabbisogno e trovare accordi con le quote che prevedano corsi di italiano e di formazione per chi verrà da noi . Utilizzando i rimpatri se non si rispettano i patti ma già abituando i migranti ad avere una conoscenza del nostro Paese.

Cosa si muove nel mondo che deve far riflettere?

Tanto. L’india ha superato la Cina come densità demografica e i cinesi rimpiangono la politica del figlio unico. Ma l’India adotta la politica del reddito di rimessa. Mette a bilancio ogni anno cento miliardi di dollari dalle rimesse legali che i suoi migranti nel mondo inviano dall’estero. E questa può e deve essere un’ipotesi anche per i paesi africani.

C’è la questione dei diritti umani e civili da percorrere…

Ma quella dobbiamo farla noi abbandonando le logiche di colonialismo. Lo ha detto Macron di recente , lo hanno detto gli analisti. Se noi pensiamo di imporre la democrazia attraverso i conflitti vediamo, da Baghdad a Tripoli, che gli interventi di guerra hanno lasciato un deserto. Spesso il popolo si identifica direttamente con i tiranni e il nostro obiettivo deve essere quello di parlare alla gente. Noi al Viminale convocammo le tribù libiche in guerra e i sindaci delle città di frontiera. La teoria del crollo non porta benefici. Dobbiamo invece contribuire alla crescita economica e poi pretendere il rispetto dei diritti civili e umani che sono fondamentali.

Che ruolo possono avere le religioni in questo processo politico di pace e di reciprocità?

Indispensabile. Papa Francesco ha fatto del dialogo interreligioso il suo credo. E’ stato detto , nell’area del Mediterraneo, che nessuno è legittimato ad uccidere in nome di Dio. Anche questo ha contribuito a contrastare fortemente il terrorismo islamico che , purtroppo, è ancora vivo, come conferma l’attentato suicida in Pakistan, ma che  è stato ridimensionato.

Anche la questione energetica passa attraverso un approccio diverso verso l’Africa.

L’Italia ha giustamente cambiato i suoi rapporti con la Russia. Oggi l’Algeria è il nostro primo fornitore a l’Algeria è tentata dal Brics e per questo l’intera politica mediterranea va rivista .

Qual è in conclusione la prospettiva principale per l’Italia?

Quella di continuare ad esercitare un ruolo essenziale nel Mediterraneo. Gli Usa sono concentrati sul Pacifico ma lasciano a noi, e soprattutto all’Europa, il compito di un incontro sostanziale con l’Africa che sia veramente indirizzato alla pace e allo sviluppo dei popoli. In questo contesto, non lasciando buchi neri, si può realizzare quella pace e quel progresso sociale a cui l’Occidente deve dare una risposta.

 

 

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