La tesi dell’ultimo libro sul Duce, sempre  popolarissimo tra gli scrittori di sinistra, è ardita: Benito Mussolini non aveva alcun interesse per l’ecologia e tutto quello che fece per migliorare il paesaggio e la natura, come le bonifiche delle paludi pontine, non fu frutto di un reale interesse per i temi ambientali ma solo un moto di fastidio per la malaria e le zanzare con obiettivi espansionistici. “In dei conti una guerra contro la palude e la malaria, una guerra coloniale interna per conquistare lo spazio vitale necessario all’espansione di una prolifica Italia fascista”, è scritto nel libro La natura del duce. Una storia ambientale del fascismo (Marco ArmieroRoberta BiasilloWilko Graf Von Hardenberg con una suggestione politica, va riconosciuto, del tutto inedita. 

Mussolini e la natura, le accuse della sinistra

 La sinossi spiega che il libro “esplora le ecologie politiche fasciste, ovvero le pratiche e le narrative attraverso cui il regime ha costruito ecologie, tanto immaginarie quanto materiali, funzionali al suo progetto politico”. Il libro – è scritto – “non insegue dunque il fantasma di un Mussolini verde, magari contando quanti parchi nazionali siano stati creati durante il regime o quanti alberi piantumati. Diversamente da quanto affermato dalla storiografia internazionale, gli autori non credono che il fascismo si sia disinteressato della natura; piuttosto ne ha fatto un uso attento, tuttavia lontano da idee di cura e conservazione dell’ambiente… i libro vuole indagare come il regime abbia prodotto delle formazioni socioecologiche, ovvero degli ecosistemi fatti di narrative e piante, di memorie e orsi, di leoni addomesticati e popolazioni selvagge da assoggettare…”.

La recensione ironica di Libero

Su Libero di oggi, il libri viene recensito in maniera ironica. “La tesi che la sinistra deve dimostrare è molto semplice: i fascisti odiano la natura. Di più: godono ad inquinare col solo scopo di distruggere il pianeta. Caduti in una crisi d’identità senza precedenti, infatti, i compagni, per non sparire, si stanno disperatamente aggrappando alla zattera ambientalista. E cercano di accreditarsi come gli unici veramente e sinceramente ecologisti….”.  La natura, nella visione fascista, non sarebbe altro che «un nemico da sconfiggere e uno spazio da conquistare». Una tesi bizzarra, che ha fatto storcere il naso anche a Ernesto Galli della Loggia uno non certo sospettabile di simpatie fasciste. “L’articolo dei tre storici, ha scritto sul Corriere, è mosso da un antifascismo radicale così intessuto di cerebralismo concettoso e di argomentazioni sofistiche da sfiorare il ridicolo. Spesso da oltrepassarlo. Una sola domanda: ma come mai in quegli anni Roosevelt e Stalin facevano con la naturale stesse cose del duce? Erano fascisti anche loro?”.