
Giorgia e Silvio, oltre il diverbio che non c’è. Il “drammone” su cui sperava la sinistra
Ci eravamo disabituati al drammone politico. A tutto ciò che della politica – la definizione cruda di Rino Formica la conoscete – fa parte: impasto di altezze e bassure. E rappresentazioni. Ora, sul ricomposto diverbio, chiamiamolo così, tra Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, le considerazioni potrebbero essere tante. Qualcuna pure in difetto di finezza. Perciò cerco rifugio in un luogo psico e atemporale: é un dejavu. Non mi meraviglio, insomma. Manco un po’. Ma sono contento che il mélo politico sia stato messo da parte dai due capi. In nome del dramma vero che é quello della Nazione: il triste sociale quotidiano degli italiani. Che attendono risposte. Un passo obbligato. E responsabile. Oltre i torti e le ragioni. Che sono evidenti. Ma qualche parola a latere si impone. Sennò non si comprende la nuova fisionomia del centrodestra che va a governare.
Giorgia e Silvio: la ruota del tempo e la politica
Spero sia chiaro, anche a futura memoria, un dato immutabile anche in politica: la ruota del tempo gira. Per tutti. Anche – absit iniuria verbis – per Berlusconi. Del quale osservo – absit ancora – che non so se é stata buona l’idea di farlo tornare in Senato. Mia personalissima opinione, intendiamoci. E di difficile condivisione. Me ne rendo conto. Ma la spiego: mi ha impressionato quanto nove anni pesino. Sì, certo, capisco e in una certa misura approvo: occorreva, si é pensato, che l’ex premier tornasse laddove era stato “cacciato”; per lavare alla fonte l’onore ferito. Da una legge di “dopo per un reato di “prima”. Una barbarie giuridica e politica, si é gridato, non senza ragione. Ma chiedo: quell’altro Parlamento di Strasburgo e Bruxelles – i motivi ci sono, tra questi i doveri meno pressanti – non era più adatto a lui ? E aggiungo: essere lì a contatto diretto con altri leader europei – per di più a ritmi meno vincolanti – non sarebbe stato più utile alla causa del governo che verrà, oltre che meno stressante per lui ? Non avrebbe potuto seguire il “nazionale” senza sforzi, muovendosi all’occorrenza e senza obblighi stretti di presenza ?
Berlusconi é obiettivo degli obiettivi
Io penso di sì. L’incidente tra i due leader é chiuso. Ma Forza Italia e tutto il centrodestra si preparino: i media – che prima avevano l’ex premier poco “in live” – adesso lo avranno a disposizione. Al Senato sarà “obiettivo” costante degli obiettivi; che righeranno spietati il solco tra passato e presente. Tra ciò che il Cav. fu e ciò che oggi é. Hanno iniziato a farlo. E certo non nel senso che l’interessato si aspettava. A Madama, da quando Silvio fu esiliato, molto é cambiato: l’ambiente, il numero e il sostrato degli abitatori; persino gli spazi fisici dell’aula. Anche lui. Del quale sono stati fatti notare, più che in altri, i segni degli anni che passano. Con spietatezza, come si é visto. I media si sono soffermati su ciò che, per me, é umano, troppo umano: l’età a volte padroneggiata, a volte aiutata dell’ex premier.
Giorgia e Silvio, gli appunti “rubati” dalle telecamere
Di cui gli appuntabili “appunti” – lo scrivo in clima ormai disteso – sono in fondo una esteriore manifestazione. Si é pure azzardato che le carte “rubate” dalle telecamere fossero una “fictio” studiata. Un tempo sì: un copione pensato da un campione di scena, sarebbe stato nelle abilità e nell’estetica del Cavaliere. Stavolta no. Anche fossero stati un assoluto “privato” – sfogo o canovaccio, poco importa – sono riusciti a sottrarglielo. Con l’effetto che conosciamo. Immagino Silvio sia stato preso dalla psiché del Crisobolo dell’Ariosto: “ciò che aspettavo che mi fussi bastone per substentare la mia vecchiezza, mi dovessi essere bastone per battermi e rompermi”. Umanissima interiorità. Ma il problema é nato perché questi “interna corporis” sono finiti come sapete. Il che vuol dire ciò che vuol dire.
Lo statuto autonomo della premier in pectore
La seconda notazione: il tempo é trascorso anche per Giorgia Meloni. In sintesi: non é quel che era. E quel che é, se lo é conquistato. Non é titolare di uno statuto politico “ottriato”. Nessuno glielo ha concesso. Non é un delfino – una “fera”, scriverebbe Stefano D’Arrigo – ma una guida politica “self made”. I gradi di lider maximo se l’è conquistati da sola. Non ha cercato investiture, né eredità. Che sono risultati fatali a chi le ha attese. E questo le conferisce una forte autonomia bottom–up, come usano dire gli studiosi. Anche quando sarà a Palazzo Chigi. Berlusconi adesso lo avrà capito. Purtroppo, non é ancora acquis del centrodestra questo dato: il costituzionale “la sovranità appartiene al popolo” (articolo 1 della Carta) vale anche per i partiti e per le loro coalizioni. Per i loro equilibri interni. Una regola aurea che i numeri delle ultime elezioni hanno consacrato.
Giorgia e Silvio, i confini tra leader e la sfida comune da vincere
La Meloni ne beneficia, dopo una solitaria traversata nel deserto – uso uno stilema berlusconiano – che ha portato la destra alla guida del centrodestra e quest’ultimo a vincere. Con la conseguenza, però, che é caduto un dogma su cui si imperniava la visione di Berlusconi: il centrodestra vince se la guida é moderata. Cioè lui. Il che era verissimo ieri, ora non più. La “caduta” del teorema non poteva non avere un seguito, prima o dopo. Meglio sia stato prima della formazione dell’esecutivo. Ma una reazione “doveva” esserci. E ha trovato improprio sbotto nelle aggettivazioni non “eleganti” – vi piace la mia litote ? – di cui la Meloni é stata “vittima”. Non inerte né passiva, come c’era da aspettarsi: sulla risposta bella tosta che sapete, in clima di appeasement é inutile insistere.
La sostanza politica
Ma, non dimenticatene la sostanza politica, anche dopo che si spegneranno del tutto i fuochi della tenzone. Diciamola così, con linguaggio della settima arte: per la prossima presidente del Consiglio non c’è “proposta che non può rifiutare”. La frase sintetica che sapete ha riequilibrato le mire dei media che negli “appunti” avevano inzuppato. Ma é servita pure a forare il muro di incomprensione tra lei e il Cavaliere. E, credo io, a segnare il reciproco confine. Con qualche dispiacere e disillusione di alcuni speranzosi del campo avverso. Il tutto per dire: ciò che arrápa la cronaca politica viene da più lontano. Il che, rispetto al al tasso simpatetico tra leader, é peggio o meglio, non saprei dirvi: é ciò che é. Lo dovranno tenere presente Giorgia e Silvio. Ambedue. Per opposte ragioni. Ma una sta sopra tutte; li attende l’antica sfida “razionale” di Hegel:”Hier ist die Rose, hier tanze”. Dovranno vincerla. Insieme.