Il bagno di sangue dei Cinquestelle dal Nord al Sud: neanche il reddito di cittadinanza li salva

16 Giu 2022 16:33 - di Fabio Roscani
Cinquestelle

Enrico Letta ha ripetuto per giorni che questo sarebbe stato un test per il campo largo. Parafrasando: le amministrative sarebbero servite al Pd per capire se l’alleanza con il Movimento 5 Stelle sarebbe potuta tornare utile in termini elettorali. Il test c’è stato e non lascia spazio a interpretazioni. “Quello che preoccupa è il calo dei 5 Stelle. Clamoroso in alcuni casi, penso a Palermo”, afferma Alessandro Alfieri, senatore in quota Partito Democratico.

I risultati dei pentastellati

Più che un clamoroso calo, si tratta di un vero e proprio bagno di sangue. I pentastellati nei capoluoghi di provincia non sono pervenuti. A mala pena viene superato il 3%. Al Nord, dove probabilmente anche i grillini non si aspettavano grandi risultati, le percentuali sono bassissime: 1,2% a Gorizia, 1,5% a Lodi, 1,3% a Padova. Tracollo clamoroso a Genova: dal 18% passa al 4,4. La percentuale più bassa però arriva dal capoluogo dell’Abruzzo. A L’Aquila, infatti, i risultati ufficiali segnano un tragicomico 0,7%. Non va meglio alla Lista Conte a Rieti, bloccata sullo 0,86%.

Ei fu il Sud. Anche qui, zona che ha sempre rappresentato nelle varie tornate elettorali la vera roccaforte del Movimento 5 Stelle, i grillini registrano dati pessimi. A Barletta, dove solamente 4 anni fa, alle ultime elezioni, la loro lista aveva raggiunto il 18%, ora supera a malapena il 2%. Idem a Taranto, perde quasi 10 punti percentuale toccando il 4%.

Arriva però dalla Sicilia il dato più clamoroso, ossia dove erano riposte le speranze grilline. Non da un punto di vista prettamente elettorale ma di significato. A Palermo, infatti, alle amministrative del 2017 era il primo partito della Regione con il 13%. Alle politiche del 2018, invece, sbaragliò tutti con un impressionante 44%. Oggi, invece, si ferma al 6,5% il loro candidato non arriva neanche al ballottaggio contro Lagalla, il candidato del centrodestra e prende meno voti anche di Azione di Calenda. Risultato pesante soprattutto alla luce dell’impegno di Giuseppe Conte, leader 5 Stelle, in prima linea durante la campagna elettorale del candidato Miceli.

Le motivazioni del tracollo

“Non possiamo cercare giustificazioni di comodo”, commenta a caldo Conte pronto a dare vita a una nuova fase del movimento. Quella che dal campo largo cerca di evitare il campo santo al suo partito. Il flop dei pentastellati ha delle motivazioni ben precise. È troppo semplice incolpare lo scarso radicamento sul territorio. A maggior ragione se si tratta di un partito che alle amministrative del 2017 riuscì a far eleggere 10 sindaci, 337 consiglieri comunali e si presentò in 224 comuni senza alleanze convinto di poter vincere contro chiunque.

Per amministrare un territorio non si può essere degli improvvisati. Bisogna essere competenti e avere progetti concreti. Se oltre a non essere in grado, inoltre, si prendono anche in giro i propri elettori, prima o poi si pagano le conseguenze delle proprie scelte. Neanche il reddito di cittadinanza, loro cavallo di battaglia che, con un pizzico di malizia ma forse neanche troppa, avrebbe dovuto evitare il tracollo elettorale grillino è servito ad evitare l’ecatombe. A Palermo, stando ai dati diffusi dall’Inps, questo infatti viene percepito da 65mila nuclei familiari. I voti presi dai 5 stelle superano appena i 12mila.

Insomma, il bluff è stato svelato e le incredibili idee di Di Maio, Conte e co. non hanno creato posti di lavoro e non hanno abolito la povertà. Perlomeno, hanno abolito i voti per il Movimento 5 stelle.

Commenti

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  • giulio sole 17 Giugno 2022

    chi è che esortava a votare Raggi ed Appendino?