L’affondo di Belpietro a Letta: «Ora chiede lo stop al gas russo, ma fu lui a baciare la pantofola a Putin»

7 Apr 2022 12:02 - di Eleonora Guerra
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«Perché un uomo senza dubbio competente come il segretario del Pd insiste con il blocco dell’importazione di metano e greggio da Mosca?». A domandarselo è Maurizio Belpietro, nel suo editoriale di oggi su La Verità. Il direttore parte dall’attivismo di Enrico Letta sul fronte delle sanzioni, dal suo «elmetto in testa» nell’indicare come «priorità assoluta» la rinuncia «al gas e al petrolio russo», e si domanda perché, di fatto si connoti come una delle voci più oltranziste d’Europa, pur sapendo, come non può non sapere, cosa comporterebbe una scelta del genere per la nostra economia. La risposta è riassunta nel titolo dell’editoriale: «Letta straparla per far dimenticare Sochi», ovvero quando, unico tra i leader occidentali, andò «a baciare la pantofola del dittatore russo» alle Olimpiadi invernali, alla vigilia dell’invasione della Crimea.

Cosa significa davvero chiedere lo stop al gas russo

Belpietro, ricordando che i leader europei «pur condannando l’invasione e attaccando Putin fino a chiederne a volte l’incriminazione davanti al tribunale dell’Aja, si dimostrano cauti quando si tratta di parlare di gas o di petrolio», sottolinea che «accusare la Russia è un conto, chiudere il rubinetto del metano e del greggio un altro». Perché non si tratterebbe solo di un po’ riscaldamento o aria condizionata in meno: «Fare a meno del gas e del petrolio russo come propone Letta, significa accettare che alcune aziende smettano di produrre perché private dell’energia necessaria a far funzionare gli impianti o in quanto non sono più in grado di pagare bollette per il prezzo del gas e della luce ormai alle stelle». Dunque, «staccarci da Mosca vuol dire accettare che l’economia crolli sotto il peso della carenza di fornitura energetica, adattarsi a un costo degli idrocarburi che potrebbe essere il doppio di quello attuale».

Perché il segretario dem fa «il Pierino»?

E Letta non può non saperlo. Dunque, si domanda Belpietro, Letta «per quale ragione continua a chiedere sanzioni durissime, quando sa che la maggioranza dei Paesi europei non ha alcuna intenzione di seguirlo su questa strada? Masochismo? Voglia di fare il Pierino, sapendo che tanto ciò che reclama non gli verrà concesso? Forse entrambe le risposte hanno un fondamento», sottolinea Belpietro, per il quale però «è probabile che i motivi siano più dovuti ai sensi di colpa».

Gli accordi commerciali sottoscritti quando era premier

Belpietro quindi cita Daniele Capezzone, che «l’altro giorno ha ricordato che quando era presidente del Consiglio fu Letta ad accogliere Vladimir Putin srotolando il tappeto rosso e sottoscrivendo 28 accordi commerciali. Certo, lo zar del Cremlino non aveva ancora invaso la Crimea, ma i venti di guerra già spiravano e il clima non era dei migliori». E, infatti, «all’inizio di febbraio del 2014, pochi giorni prima che Putin si prendesse con le armi la penisola nel mare di Azov», Letta fu l’unico leader occidentale a partecipare all’inaugurazione dei Giochi, suscitando già allora aspre critiche per aver rotto il «fronte del no» a Putin.

Belpietro: «Letta portò l’Italia a baciare la pantofola di Putin a Sochi»

«Non ci andò Obama, ma disertarono pure Hollande, Merkel, Cameron e declinò l’invito perfino il presidente tedesco Gauck», ricorda oggi Belpietro, sottolineando che «tutti i leader dei Paesi democratici preferirono restare a casa. Tutti, tranne uno: Letta, ripreso sorridente mentre stringeva la mano di Vladimir Putin», in buona compagnia di «personaggi del calibro di Xi Jinping, Erdogan, del presidente tagiko Emomali Rahmon e di quello kirghiso Almazebek Atambayev, cioè tutte brave personcine, note per il rispetto dei diritti umani». «Ecco, forse sarà il senso di colpa a far calare l’elmetto a Enrichetto. Il quale spera che gli italiani si dimentichino non solo del calore con cui accolse Putin, ma anche – conclude Belpietro – di quel volo che rese l’Italia l’unico tra i grandi Paesi europei a baciare la pantofola del dittatore russo a Sochi».

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