Dietro il bis di Mattarella, la garanzia di Draghi a Palazzo Chigi. “Se resta Mario, resto anche io”

30 Gen 2022 10:34 - di Vittorio Giovenale
Mattarella bis, Draghi

La svolta del Mattarella bis? È arrivata ieri mattina, dopo il giuramento di Filippo Patroni Griffi al Quirinale come giudice costituzionale. Sergio Mattarella si è girato verso Mario Draghi e gli ha sorriso. «Vedi Mario, ora posso rivolgerti la stessa domanda che tu mi hai fatto qualche mese fa: se resto io, resti anche tu?». E il premier ha fatto sì sì con la testa. Il gustoso retroscena del Giornale riannoda i fili di una vicenda che prevedeva, fino a poche ore prima, altri sviluppi.

L’appartamento di viale Liegi, che il presidente della Repubblica era andato a fermare in vista del trasloco dal Quirinale, può attendere.  “Ringrazio i presidenti della Camera e del Senato per la loro comunicazione e desidero ringraziare i parlamentari e i delegati delle Regioni per la fiducia espressa nei miei confronti”, ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dopo che i presidenti di Senato e Camera, Elisabetta Casellati e Roberto Fico, gli hanno consegnato il risultato della rielezione.
“I giorni difficili trascorsi per l’elezione del presidente della Repubblica, nel corso della grave emergenza che stiamo ancora attraversando sul versante sanitario, economico e sociale richiamano al senso di responsabilità e al rispetto delle decisioni del Parlamento. Queste condizioni impongono di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati e naturalmente devono prevalere su altre considerazioni e su prospettive personali differenti – ha proseguito Mattarella -, con l’impegno di interpretare le attese e le speranze dei nostri concittadini”.

Le differenze tra il bis di Napolitano e quello di Mattarella

Nel 2013 toccò a Giorgio Napolitano rispondere all’appello per il rinnovo dell’incarico. A nove anni di distanza sono emerse le diverse sfumature delle modalità con cui si arrivò all’epilogo. Enrico Letta, allora vice segretario del Pd, andò a guidare il governo di larghe intese che nacque come conseguenza del doppio mandato di Napolitano. “C’era l’idea che andassero da Mattarella i leader politici ma io ho pensato che, in una fase nella quale le sgrammaticature costituzionali sono già parecchie, la scelta migliore sia che vadano i capigruppo”, ha raccontato ai grandi elettori del Pd. I due bis hanno una base di partenza comune: la situazione di emergenza, oggi appesantita dal Covid, lo stallo politico e delle istituzioni. In questi giorni ci sono state l’impossibilità dei partiti di trovare una intesa su un nuovo nome e la girandola di nomi bruciati. Nel 2013 c’erano stati i 101 nel Pd che terremotarono il Pd, un quadro politico molto fragile consegnato dalle urne e Beppe Grillo pronto a invocare la protesta di piazza e a marciare sul Parlamento.

Dal sacrificio di Re Giorgio al “senso di responsabilità” di Mattarella

Con questo quadro, nel 2013 si decise che dovessero essere i leader di partito a chiedere a Napolitano il ‘sacrificio’. Lo schema utilizzato per arrivare al bis di Mattarella è stato però differente, pur in un contesto che per emergenza e straordinarietà non è da meno. La richiesta avanzata da parte dei leader, come ha spiegato Letta, è stata considerata “un’altra sgrammaticatura costituzionale”. Forse anche in riferimento alla candidatura, bruciata, della seconda carica dello Stato. E allora si è rivolto lo sguardo al Parlamento. Del resto, erano stati i grandi elettori a battere il primo colpo nel sesto scrutinio, venerdì, con 336 voti al capo dello Stato nonostante dai partiti non fosse arrivata alcuna indicazione in tal senso. Per questo si è deciso che a salire il Colle sarebbero stati i capigruppo di maggioranza, a portare proprio la voce del Parlamento. A seguire, una delegazione dei grandi elettori delle Regioni. E Mattarella, benché avesse “altri programmi”, alla fine ha dato il via libera.

 

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