Caso Grillo, le chat di Silvia con l’amica: «Usata e buttata via come spazzatura. Non valgo niente»

6 Lug 2021 8:45 - di Natalia Delfino
grillo silvia

Affranta, svilita, convinta di non valere niente. Nelle chat scambiate con l’amica del cuore in Norvegia, Silvia, la ragazza che denunciato di essere stata stuprata da Ciro Grillo e i suoi tre amici, Vittorio Lauria, Edoardo Capitta e Francesco Corsiglia, confida tutto il suo dolore per quanto accaduto la notte prima. «La verità è che la sola cosa che sento dopo questa esperienza è che io non valgo niente… le persone mi usano soltanto quando e come vogliono e poi mi buttano via come spazzatura. E non parlo solo di sconosciuti ma anche di quelli che considero amici», scrive la ragazza in quei messaggi su Snapchat, che per le modalità del social sarebbero andati perduti se l’amica non le avesse risposto su whatsapp.

Venerdì il Gup decide sul rinvio a giudizio

Anche questo scambio è entrato così negli atti dell’inchiesta, che venerdì va incontro a un passaggio cruciale: la gup Caterina Interlandi dovrà decidere se rinviare a giudizio o meno i quattro giovani accusati da Silvia ed eventualmente se farlo con il rito abbreviato, che prevede lo sconto di un terzo della pena, o con il rito ordinario. Accusa e difesa si fronteggeranno direttamente per la prima volta, anche se difficilmente all’udienza parteciperanno gli indagati, Silvia e la sua amica Roberta, anche lei coinvolta come parte lesa per le foto oscene che Grillo e i suoi amici hanno scattato mentre dormiva.

Le chat di Silvia con l’amica sulla notte in casa Grillo

«Quello che hanno fatto quei ragazzi è pura manipolazione, e hanno approfittato di te», scrive da Oslo l’amica, cercando di confortare Silvia e, soprattutto, di convincerla che, comunque sia andata, quello che è successo non doveva accadere. «Non importa se non hai urlato di smettere o roba del genere. Ti hanno manipolato umiliandoti. So che sei un po’ insicura e loro hanno fatto leva su questo per usarti. Questo è una colpa e un errore loro, al 100%», scrive ancora l’amica in quelle chat di cui danno conto oggi il Corriere della Sera e Repubblica. La ragazza cerca di convincere Silvia a rivolgersi a uno psicologo, che la aiuti «a vedere che bella persona sei…». «Incolpare te stessa non è una cosa sana ed è sbagliato. Hai bisogno di capire che sei una brava persona», insiste, deprecando invece il comportamento di Roberta, la quale, secondo le ricostruzioni, non accolse la richiesta d’aiuto che Silvia le rivolse la notte stessa di Cala Volpe, quando in lacrime la svegliò dicendole che «mi hanno violentata tutti».

«Non ce la faccio più, sto diventando matta»

«Hai bisogno di ricominciare, Silvia. E non devi stare alla larga solo dagli uomini spregevoli, ma anche dalla gente brutta. Roberta ha fatto casino quella notte e non dovresti circondarti neanche di gente come lei. Quando tornerai a casa? Vengo a Milano e andiamo dal terapista insieme, ti tengo la mano», le scrive ancora l’amica, riuscendo infine a convincere la ragazza. «Andrò da un terapista, anche se non sono tanto sicura che farà la differenza (…) proprio non ce la faccio più, sta diventando sempre più difficile capire perché succedono cose come queste e come evitarle. Mi sento così frustrata che sto diventando matta», le risponde Silvia, aggiungendo che «sto accumulando troppe cose, le sto mettendo da parte pensando di poter affrontare tutto, e invece sta tornando tutto indietro ed è un po’ opprimente».

Lo stato d’animo di Silvia e il video di Beppe Grillo

Le chat, dunque, rivelano la devastazione che la notte di Cala Volpe ha lasciato nell’animo di Silvia. E, come già avvenuto con alcune testimonianze, smentiscono la tesi, proposta da Beppe Grillo nel noto video sulla vicenda, secondo cui la ragazza sarebbe uscita indenne da quella notte, tanto da andare poi alla lezione di kitesurf e decidersi a denunciare “solo” una settimana dopo. «La mattina viene stuprata, il pomeriggio fa kitesurf e otto giorni dopo va dai carabinieri, è strano!», dice Grillo padre in quel video, a puntello della tesi della difesa secondo la quale la ragazza sarebbe stata consenziente.

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