Veleno, parla il “bambino zero” che diede il via all’inchiesta: mi sono inventato tutto…

14 Giu 2021 15:13 - di Adele Sirocchi
Veleno

Ora Davide ha 31 anni. Davide, il bambino che nel 1997 diede il via all’inchiesta sui Diavoli della Bassa modenese. Un’inchiesta che ha coinvolto decine di famiglie e persino il parroco di massa Finalese, morto d’infarto dopo le accuse infamanti. 16 bambini furono allontanati dai genitori. Davide, che ora è un adulto, rivela a Repubblica di avere inventato tutto. E lo fa nella prima intervista che rilascia.

L’inchiesta Veleno e i dubbi sui racconti dei bambini

Il caso è tornato sotto i riflettori grazie al podcast Veleno del giornalista Pablo Trincia, coadiuvato da Alessia Rafanelli. I due hanno sollevato molti dubbi sulla veridicità dei racconti dei bambini e sui metodi con cui le assistenti sociali conducevano gli interrogatori dei minori. Tutto documentato ora nella serie Veleno, in cinque puntate, che Amazon ha lanciato a fine maggio.

Veleno, i diavoli e i pedofili non sono mai esistiti

Non esistevano i diavoli della Bassa modenese. Davide ha inventato tutto. Raccontò di abusi subìti dal padre e dal fratello. Parlò di riti satanici al cimitero del paese. Alcuni imputati, tra cui i genitori e il fratello di Davide, vennero condannati a molti anni di carcere per pedofilia. Altri genitori vennero assolti, ma non hanno mai potuto riavere i loro figli. Una madre fuggì in Francia per non farsi togliere anche il figlio che aveva in grembo. Un’altra mamma si gettò dalla finestra perché non sopportava il peso di accuse infamanti.

Le accuse al padre e al fratello inventate per compiacere la madre adottiva

Davide raccontò degli abusi subìti dal padre e dal fratello su insistenza della sua madre adottiva. “Ha insistito tanto che alla fine le dissi di sì – racconta – anche perché avevo paura di essere abbandonato, se non la avessi accontentata. Senza rendermi conto delle conseguenze di quello di quello che stavo facendo”.

Le assistenti sociali “mi interrogavano per otto ore”

Quindi spiega come si svolgevano i colloqui con la psicologa Valeria Donati. «La psicologa Valeria Donati e le assistenti sociali che mi seguivano iniziarono a martellarmi di domande. Ricordo diversi colloqui anche di 8 ore. Non smettevano finché non dicevo quello che volevano loro. Mi chiesero di dire dei nomi e io inventai dei nomi a caso, su un foglio. Per disperazione. Ho inventato che mio fratello aveva abusato di me, che c’erano delle persone che facevano dei riti satanici. Ma non c’era nulla di vero. Mi sono inventato tutto. Perché se dicevo che stavo bene non mi credeva nessuno. A forza di insistere ho detto quello che si volevano sentir dire».

Gli altri bambini confermarono i racconti del “bambino zero”

Dopo quei colloqui «vennero convocati altri bambini e anche loro fecero quei racconti. Loro mi dicevano che ero coraggioso, che ero il primo a parlare. “Coraggioso” era la loro parola preferita. Un giorno la psicologa mi fece fare un incontro con gli altri ragazzi, e lei disse che li avevo salvati. Ma io non avevo salvato proprio nessuno. Mi sono sentito morire dentro. Una volta cercò anche di farmi accusare una donna che mi aveva accolto quando ero piccolo, Oddina Paltrinieri. Ma io non lo feci».

“Mi sentivo in colpa da una vita”

L’inchiesta Veleno ha provocato in Davide «il bisogno di chiedere scusa. Mi sentivo in colpa da una vita. Ho voluto riallacciare i rapporti con quello che resta della mia famiglia, i miei fratelli. Visto che i miei genitori sono morti dopo essersi ammalati in carcere. Ma mia madre adottiva ha detto che dovevo scegliere: o noi o loro. E ci sono stato molto male”.

L’incontro con Claudio Foti

Davide è stato in cura anche dallo psicologo Claudio Foti, coinvolto nell’inchiesta su Bibbiano. «Mia madre mi ha portato anche dallo psicologo Claudio Foti, a Bibbiano. Anche lui ha provato a farmi dire che avevo subito gli abusi. E di stare lontano dai giornalisti. Nel mio ultimo ricovero, invece, sono entrato volontariamente. Perché io continuavo a dire che quegli abusi non erano mai avvenuti mentre la mia madre adottiva continuava a dire che invece erano avvenuti e che dovevo farmi curare. Non sapevo dove sbattere la testa e ho chiesto di essere ricoverato per qualche giorno. Ma invece mi hanno tenuto 41 giorni contro la mia volontà. Un avvocato mi ha aiutato a uscire».

(nella foto un frame dal trailer della serie “Veleno”)

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