Mottarone, sopralluogo dei tecnici ministeriali. Il gip: non riscontrata la chiamata di correità di Tadini

1 Giu 2021 13:49 - di Silvio Leoni
MOTTARONE_FUNIVIA

E’ in corso in queste ore il sopralluogo sul Mottarone degli ispettori della Commissione nominata dal ministero delle Infrastrutture per l’indagine avviata sulla tragedia in cui domenica 23 maggio hanno perso la vita 14 persone.

In mattinata si è svolto in Procura a Verbania il previsto incontro fra gli inquirenti e il consulente tecnico Giorgio Chiandussi, professore associato al Politecnico di Torino di Meccanica dei materiali e delle giunzioni, nominato dai pm per accertare le cause dell’incidente della funivia del Mottarone.

L’incontro è servito a fare il punto sul quesito tecnico da elaborare sulla fune e sul sistema frenante della cabina precipitata, esami che dovranno essere effettuati con la forma dell’accertamento irripetibile e quindi con le informazioni di garanzia a tutte le persone coinvolte per dare modo ai difensori di nominare i propri consulenti.

Al momento resta inspiegabile la rottura della fune anche se si avanzano diverse ipotesi. Quel che è certo è che le persone a bordo della cabina precipitata si sarebbero potute salvare, nonostante la rottura della fune traente, se non fossero stati posizionati i cosiddetti “forchettoni” che hanno divaricato i freni impedendogli di entrare in funzione.

Per la Procura i responsabili del disastro sarebbero, a vario titolo, il capo dell’impianto, Gabriele Tadini, il gestore della funivia del Mottarone, Luigi Nerini e l’ingegnere direttore tecnico Enrico Perocchi che interveniva sulla funivia per conto della Leitner, il colosso mondiale degli impianti a fune con sede a Vipiteno.

Per il gip che ha scarcerato i tre, lasciando il solo Tadini agli arresti domiciliari, invece, le cose non starebbero così. E l’unico responsabile sarebbe, appunto, Tadini. Che ha confessato di aver, già altre volte, utilizzato i forchettoni sui freni della cabina durante le normali corse quotidiaane con i passeggeri nonostante fosse espressamente vietato posizionarli mentre ci sono persone a bordo, proprio per il rischio, insito nella procedura, che toglie ai freni attrito sulla fune portante. Cosa che, appunto, ha provocato la tragedia di domenica.

“Io ho osservato che non sussisteva il pericolo di fuga, non esisteva. Non ho ritenuto per due persone la sussistenza dei gravi indizi non perché non abbia creduto a uno” ma “perché abbia ritenuto non riscontrata la chiamata in correità, che deve essere dettagliata: questa non lo era ed era smentita da altre risultanze“, spiega, fuori dalla Procura, il gip di Verbania, Donatella Banci Buonamici.

In particolare il giudice non ha ritenuto sufficienti le accuse del capo servizio dell’impianto Gabriele Tadini (attualmente ai domiciliari) contro il gestore Luigi Nerini e il direttore di esercizio Enrico Perocchio, entrambi scarcerati sabato notte.

“Il pm fa il suo lavoro bene e io faccio il mio lavoro credo altrettanto onestamente. E il sistema, dovreste ringraziare che il sistema è così, dovete essere felici di vivere in uno Stato dove il sistema fa giustizia o è una garanzia e invece sembra che non siate felici. L’Italia è un Paese democratico”, prosegue il gip rispondendo alle domande dei giornalisti.

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