Toghe rosse, Pd e M5S terrorizzati dalla Commissione d’inchiesta sul “caso Palamara”

14 Apr 2021 16:32 - di Francesca De Ambra
Palamara

Chi ha paura della Commissione d’inchiesta sull’uso politico della giustizia? Nessuno, in teoria. Soprattutto alla luce del Sistema descritto da Luca Palamara, l’ex-potentissimo capo dell’Anm poi espulso dall’ordine giudiziario. Nel libro che ha scritto con Alessandro Sallusti, emerge un intreccio tra politica, Procure e mezzi d’informazione che rasenta l’eversione. Più che un diritto, sarebbe un dovere per il Parlamento accertarne presupposti, confini e finalità. Ma Pd e M5S opinano diversamente. È il motivo per cui tentano di mandare la palla in tribuna impedendo al centrodestra, cui si sono aggiunti Azione e Italia Viva, di ottenere la calendarizzazione della relativa proposta di legge.

FdI, Lega, FI, Iv e Azione: «Va istituita»

Ma a sollecitare l’istituzione di una Commissione parlamentare che faccia luce sui meccanismi di nomine e di carriera all’interno delle toghe è anche un pezzo di magistratura. Come ad esempio quella che si riconosce in “Articolo 101“, che proprio oggi, attraverso il gip di Palermo Giuseppe Castiglia ha chiesto le dimissioni di Giuseppe Santalucia, presidente dell’Anm. Il motivo? «Vuole sterilizzare gli effetti del “caso Palamara”». Ma ancor più sorprendente è la “conversione” di un pm come Henry John Woodcock alla separazione della carriere tra pm e giudici. Lo ha messo nero su bianco sul Fatto Quotidianola bibbia dei giustizialisti, non senza imbarazzo – immaginiamo – di Marco Travaglio. Non stupisce che abbia relegato l’articolo in 13esima pagina sotto un titolo più che anodino: «La giustizia va riformata: serve più trasparenza». Mastro Lindo, farebbe ancora meglio.

Palamara fa paura alla sinistra

Com’è facile capire, scoperchiare il verminaio di compromessi, scambi e favori germogliato all’ombra di rapporti inconfessabili tra partiti, Anm e Csm non è un’ossessione del centrodestra. È semmai vero il contrario. È chi invita a girare la testa dall’altra parte rispetto alle clamorose, ma non per questo esaustive, rivelazioni di Palamara che teme di perdere antiche rendite di posizione, che spesso gli hanno consentito di governare per via giudiziaria nonostante i flop sul fronte elettorale. Non riguarda tanto il M5S, ultimo arrivato in tutti sensi, ma il Pd. Enrico Letta potrà piazzare donne in ogni dove, ma se si limiterà a questo non andrà oltre operazioni di facciata. Altro è il cambiamento che si attende dal suo partito: spezzare il cordone ombelicale con la giustizia politicizzata. Dopo trent’anni passati a cavalcare ogni inchiesta potesse liberarlo dai suoi nemici – Craxi, Berlusconi o Salvini, non importa – è davvero il minimo sindacale.

 

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