Paola Concia osa criticare la legge Zan. Ed è subito macchina del fango

19 Apr 2021 15:44 - di Valeria Gelsi
paola concia ddl zan

Stanno suscitando un grande clamore, alimentato dalle solidarietà del Pd, gli insulti ricevuti da Nina Verdelli, compagna dell’attore Alessio Boni, presa di mira per essersi espressa a favore del Ddl Zan. Gli attacchi alla Verdelli, che ha solo espresso le sue opinioni, sono quanto mai da condannare. Ugualmente, però, dovrebbero suscitare la stessa indignazione e lo stesso clamore gli insulti indirizzati a chi si è detto in disaccordo con quella legge. Invece, anche in questo frangente si assiste alla logica dei due pesi e delle due misure, con una grancassa mediatica attivissima quando si tratta dei primi casi e improvvisamente silente quando si tratta dei secondi. Due casi recentissimi parlano in modo molto chiaro, tanto più che le vittime dell’odio sono due esponenti della sinistra: la senatrice Pd Valeria Valente e l’ex deputata dem e storica attivista per i diritti Lgbt Paola Concia.

Contro Paola Concia un vero e proprio «shitstorm»

Sia Paola Concia sia Valeria Valente hanno espresso le loro forti perplessità rispetto al ddl Zan, e sono state malamente attaccate sui social. La giornalista Marina Terragni, femminista di solida formazione, ha parlato di un vero e proprio «shitstorm» contro le due esponenti di sinistra. LO ha fatto in un suo intervento su Avvenire, giornale che sta dando conto di quanto il ddl Zan sia guardato con sospetto e preoccupazione anche da larga parte del fronte progressista. Terragni ha anche sottolineato il silenzio imposto sulle posizione critiche al testo. E ha indicato nei vertici del Pd i primi responsabili di questa censura che punta ad azzerare il dibattito intorno a un testo che, invece degli slogan e dei testimonial vip, meriterebbe un’ampia discussione e, ancor di più, un’ampia riflessione collettiva.

«Religione facoltativa, transcult obbligatorio?»

«Un appello per cambiare il testo del ddl Zan, sottoscritto, tra gli altri, da molti esponenti Pd, è stato ignorato», ha ricordato la giornalista, domandando se a Enrico Letta possa piacere che, attraverso l’introduzione delle discriminazioni legate al sesso, «le donne vengano intese come una minoranza, quando sono la maggioranza del Paese? O che ai genitori degli alunni non sia consentito di decidere, in base a un sacrosanto principio di libertà, se mandarli o meno al corso di formazione Lgbtq? Religione facoltativa, transcult obbligatorio?». Poi ha aggiunto: «In Gran Bretagna, per esempio, hanno deciso che quei corsi nelle scuole non entrano più, visti i guai che ne sono nati. Per contro nei nostri licei sono in corso grand tour di propaganda alla gravidanza per altri. Già ora. Figurarsi dopo».

Le critiche di Paola Concia (e non solo) al ddl Zan

Era stata proprio Paola Concia a sottolineare, tra l’altro, l’inopportunità di inserire nel ddl Zan, «nella lista delle categorie meritevoli di particolare tutela le donne, perché non sono una minoranza bensì la metà della popolazione». Valeria Valente ha, invece, a più riprese sottolineato che utilizzare l’espressione «identità di genere cancella tutto, dal sesso delle donne, che per anni si sono battute e continuano a farlo, per rivendicare i loro diritti, alle specificità di omosessuali, trans, lesbiche».

La sinistra già impone la censura

È stata poi, sempre in questi giorni, la regista Cristina Comencini, tra l’altro madre di Carlo Calenda, ad avvertire sul fatto che la legge accosta inopportunamente a omosessuali e trans non solo le donne, ma anche i disabili. «Aprire una discussione su una legge che ha alcuni aspetti controversi non è un attacco a diritti sacrosanti», ha detto Comencini, dovendo però constatare che «dal fronte progressista c’è sordità. Anzi, più che sordità: c’è la volontà di non ascoltare non solo le nostre obiezioni, ma anche quelle di chi per scelta di vita, come Paola Concia e Aurelio Mancuso (ex presidente di Arcigay, ndr), è direttamente interessato».

Gli appelli da sinistra contro il ddl

Eppure non si tratta di voci singole. Contro il ddl Zan, infatti, si è schierato un ampio fronte progressista rappresentato, tra gli altri, da 17 associazioni femministe e da 161 «donne e uomini che fanno riferimento all’area politica del centro sinistra», come si descrivono nel loro appello-manifesto contro la legge. Gli argomenti che portano contro la legge sono spesso sovrapponibili a quelli che la sinistra pro Zan ama bollare come “medievali” e “omofobi”: il rischio che apra alla maternità surrogata; la sovrapposizione tra sesso e genere; la strumentalizzazione delle categorie che pretende di difendere; il fatto, in generale, che sia scritta male.

Ma Zan preferisce pensare a Fedez ed Elodie

Questi 161, tra i quali, oltre alla Comencini, nomi come il filosofo Beppe Vacca, la storica Emma Fattorini, la filosofa Francesca Izzo, però, non sembrano avere diritto d’asilo nel dibattito pubblico quanto i vari Fedez, Elodie e Mahmood. Forse perché loro la legge l’hanno letta. E pure capita.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *