Conti correnti a rischio chiusura: chi è nel mirino e come fare per evitare brutte sorprese

14 Apr 2021 11:17 - di Alberto Consoli
Conti correnti

A rischio i conti correnti con una giacenza media pari o superiore ai 100mila euro. Le banche prendono provvedimenti e, dunque, si profilano rincari per i costi di gestione dei correntisti. O addirittura chiusure. Per conoscere la fondo la questione dobbiamo sempre risalire a quei 1.746 miliardi di euro “immobilizzati” dai risparmiatori italiani nei conti correnti degli istituti di credito. E’ un tesoretto che fa gola. Sono quasi 200 milioni in più rispetto all’anno precedente secondo i dati dell’Associazione Bancaria Italiana (Abi). Si sa, gli italiani hanno risparmiato in questo periodo di pandemia, come fa un buon padre di famiglia. Ma a ciò si è aggiunto  un dato che ha fatto allarmare le banche italiane:  un aumento dei costi di gestione dei conti online, arrivato nel 2019 – secondo i dati della Banca d’Italia – a circa 21.4 euro, 5.9 in più rispetto all’anno precedente.

Conti correnti nel mirino

Tutto ciò si scontra con le “esigenze della Banca Centrale Europea (Bce) di portare le banche a garantire una maggiore immissione di denaro nella propria economia reale. E allora, ecco cosa si profila all’orizzonte per le banche italiane e i correntisti : una sempre più costosa gestione della liquidità a carico delle banche stesse; tassi di interesse che raggiungono valori negativi; la conseguente necessità da parte degli istituti di credito di muoversi affinché tutto ciò possa essere arginato. Insomma, “Chiusure forzate, aumento dei costi di gestione, tassi di interesse negativi pronti a minare i risparmi dei consumatori. Questi gli scenari che – li riassume bene il Giornale–   gli italiani sembrano dover fronteggiare.

Conti correnti e direttive della Bce

L’eccesso die sostanze depositate nei conti correnti, insomma, crea problemi alle manovre e alla linea economica dettata della BCE:  provocano un freno dell’economia reale e pericolo per i risparmiatori stessi. “L’unica soluzione, in tal senso – già portata avanti da alcuni paesi dell’UE come Belgio, Germania e Francia, è minare le ricchezze “sterili”: quali sono i depositi superiori ai 100 mila euro con assenza di qualsiasi forma di finanziamento – mutuo o prestito -; o di qualsiasi forma di investimento in prodotti di risparmio gestito o amministrato”, scrive il Giornale. Le Banche, pertanto, si stanno attrezzando secondo varie modalità.

Fineco annuncia chiusure

Fineco sembra muoversi “nell’ottica della chiusura dei conti con giacenza media pari o superiore ai 100 mila euro. Lo avrebbe fatto attraverso la “Proposta di modifica unilaterale di contratto ai sensi dell’art. 118 del decreto legislativo n. 385/93”. Infatti, la banca avrebbe già provveduto ad avvisare i propri correntisti privi di investimenti o finanziamenti – circa un migliaio sui 1.4 milioni di clienti totali. “A questo avviso, poi, seguirà l’invio di una comunicazione ufficiale via raccomandata o pec. Da parte dell’istituto, ovviamente, la volontà è quella di trovare una soluzione che possa evitare questa comunque consistente fuga di clienti;  e – di conseguenza – di denaro: in tal senso, l’obiettivo è proporre campagne volte a suggere loro diversi altri modi per investire il proprio denaro; e non lasciarlo vittima immobile dell’inflazione (si può pensare a fondi comuni, azioni o obbligazioni)”.

Unicredit e Intesa San Paolo

Provvedimenti meno drastici ma con medesimo obiettivo simile per  Unicredit e Intesa San Paolo: i due istituti hanno intenzioneb di  convincere i propri investitori a far fruttare, anche con rendimenti davvero irrisori, i soldi depositati. Unicredit – si legge- fornirà ai clienti, retail e imprese, un ventaglio di soluzioni alternative ai depositi:  come ad esempio investimenti in fondi di mercato monetario senza commissioni e obiettivi di performance in territorio positivo. “Questo con l’obiettivo di offrire un rendimento vicino allo zero, piuttosto che avere giacenze inutilizzate”. Unicredit  – intanto – ha introdotto già la “excess liquidity fee“, ossia una commissione pari allo 0.5% sulle giacenze superiori a 100 euro per i conti intestati ad aziende e partite Iva.

Conti correnti: come si comportano le altre banche

Costi in aumento. “Dallo scorso 5 febbraio, Bper ha istituito una “commissione di liquidità rilevante” (Clr) sulla nuova apertura di conti per partite Iva e imprese con cifre superiori a 100 mila euro. La Bnl si appresta ad addebitare 1000 euro ogni trimestre alle imprese aventi giacenze superiori al milione di euro; mentre  Banco Bpm ragiona su un sistema di commissioni proporzionali alle cifre depositate. Insomma, salassi. Altri istituto la prendono in maniera più soft. Come Credito Emiliano, che sta cercando un dialogo costruttivo con i clienti volta a “renderli consapevoli del rapporto costi/benefici nel tenere i propri risparmi fermi sui conti correnti. Informandoli che così facendo perdono delle interessanti opportunità di investimento. Secondo quanto riferito da MF-Milano Finanza, poi, Banca Popolare di Bari sarebbe pronta a seguire la strada intrapresa da Fineco.

Conti correnti: consigli

L’Avvocato Professore Stefano Cherti, responsabile banche e assicurazione dell’Unione Nazionale Consumatori al Giornale ha fornito alcune indicazioni: “(…) oggi non è più pensabile considerare il proprio conto corrente come una sorta di “materasso” sotto, o dentro il quale, tenere nascosti i soldi. Questo vale ancor di più quando la liquidità è tutt’altro che trascurabile, superando una giacenza media di 100 mila euro/anno (una disponibilità molto alta). Dal punto di vista giuridico non bisogna dimenticare che in caso di fallimento della propria banca il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, garantisce i soldi sui conti correnti fino a 100 mila euro; oltre quella cifra si corre il rischio di perdere la parte eccedente”. Da tenere conto che con tassi di interesse così bassi i rendimenti di un conto corrente si avvicinano allo 0. Pertanto l’esperto dà un consiglio ragionevole:  riflettere sulle forme più comuni e – soprattutto – convenienti di investimento.

Differenziare per non avere brutte sorprese

A seconda del grado di rischio che ognuno è disposto o meno a correre, le proposte sono ampi sui prodotti su cui investire una parte del proprio denaro:  “Questi sono offerti in maggior misura dal modo bancario (fondi di investimento, PIR, ecc.); ma anche dal modo delle assicurazioni (polizze assicurative, ecc.). L’offerta è ampia”, ma l’esperto consiglia di consultare le informazioni reperibili già in rete sui più importati siti istituzionali: Banca d’Italia, IVASS, Feduf. Che aiutano il cittadino/investitore a farsi una prima idea. “Si badi bene – avverte Cherti –  parliamo di siti istituzionali con informazioni controllate e validate.  Non dei siti di soggetti privati attenti al loro tornaconto e che non informano, ma semplicemente pubblicizzano il prodotto a loro più conveniente”. E a chi rischia la chiusura del proprio conto o l’aumento dei costi di gestione, Stefano Cherti consiglia di diversificare. Cioè, se si ha una buona disponibilità di denaro sarebbe bene avere più conti correnti con istituti diversi. Abbassandosi la soglia di denaro depositata in più istituti, nessuno di questi obbligherà mai alla chiusura

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