Acca Larenzia, 43 anni dopo. Bigonzetti, Ciavatta e Recchioni sono pezzi della storia d’Italia

7 Gen 2021 10:00 - di Gloria Sabatini

Quarantatré anni fa: 7 gennaio 1978, sezione missina di Acca Larenzia, quartiere Tuscolano. Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta,  due giovani militanti del Fronte della Gioventù  pronti a uscire dalla sede per un volantinaggio, vengono freddati sull’uscio dai colpi di una mitraglietta skorpion. L’assalto del commando di 5 o 6  terroristi venne rivendicato dai Nuclei Armati per il contropotere territoriale. Una delle tante sigle utilizzate da Potere operaio.

Strage di Acca Larenzia, sul selciato tre giovani di destra

Hanno 18 e 20 anni. Qualche ora dopo resta sul selciato Stefano Recchioni. Diciassette anni, militante della sezione di Colle Oppio. Colpito alla testa. Chi è presente racconta di un uomo in divisa che spara mirando ad altezza d’uomo. Recchioni morirà dopo due giorni di agonia. Sarebbero state tre le armi a sparare. Nessuno degli inquirenti seguì seriamente la pista della mitraglietta skorpion che sarebbe passata di mano in mano. Appartenuta al cantante Jimmy Fontana, poi venduta a un commissario di polizia.

Gli scontri davanti alla sede della sezione missina

La notizia della morte di Bigonzetti e Ciavatta si diffuse in fretta e portò spontaneamente centinaia di ragazzi di destra ad accorrere sul luogo della strage. Tra questi Stefano, occhi verde-celeste, che a Francesca Mambro, tra i primi a soccorrerlo, ricordano per sempre gli anni di piombo.

Una strage senza colpevoli, le indagini si arenano

Acca Larenzia fu  una strage. Come resta scolpito sulla targa davanti alla sede. Come è scritto sui tanti manifesti che da 43 anni ricordano quella tragedia. Anche quest’anno. Manifesti spontanei che invocano giustizia dopo quasi mezzo secolo. Volantini che annunciano il presente. Manifesti con il profilo di un gabbiano firmati ‘La comunità’.

Il viaggio della memoria al Verano

Bigonzetti,  Ciavatta e Recchioni vengono ricordati ogni anno a Roma. Un corteo silenzioso si snoda lungo i viali del cimitero Monumentale del Verano. Da 40 anni, una tradizione che si ripete. Giovani, bimbi, donne e anziani mettono un fuori sulle tombe dei patrioti del risorgimento, dei ragazzi degli anni di piombo,   degli italiani delle grandi guerre.

La sinistra armata si allenava con i giovani di destra

Acca Larenzia fu una strage. Un’esecuzione della sinistra armata che si allenava contro i giovani di destra. Per poi alzare il tiro verso altri obiettivi.  Una strage resa ancora più cupa dal clima di omertà. Dalla responsabilità della stampa e del sistema politico che assecondarono l’obbrobrio della tesi ‘uccidere un fascista non è reato‘. Una strage che portò al suicidio pochi mesi dopo del papà di Ciavatta.

Il punto di non ritorno della destra italiana

Acca Larenzia fu anche il  punto di non ritorno per la storia della destra italiana. Una ferita mai rimarginata, una tragedia rimasta senza colpevoli. Nessuno ha ancora pagato per quelle morti. Morti assurde, frutto della perversa ‘dottrina’ degli anni di Piombo. Con i ragazzi di destra obiettivi sensibili soltanto perché dalla parte sbagliata. Ragazzi innocenti. Giovani senza un nome finché non ebbero la sventura di restare uccisi dall’odio ideologico. In quegli anni funzionava così. Capitava, per esempio, che Radio Onda Rossa esultasse per la morte dei tre ‘fascisti’, che consiglieri comunali del Pci brindassero per l’uccisione dei topi fascisti.

La morte di Di Nella rompe il giocattolo

Soltanto con la morte di Paolo Di Nella nel 1982 la politica e le istituzioni riconoscono la dignità umana di quelle vittime. Lo fece Giuliano Ferrara con un editoriale su Repubblica, lo dimostrò la visita a sorpresa dell’allora presidente Sandro Pertini al Policlinico di Roma dove giaceva in coma il giovane militante della sezione Trieste Salario.

L’omaggio di Fratelli d’Italia

In mattinata una delegazione di Fratelli d’Italia ha deposto una corona davanti alla sede dell’ex sezione missina. Che si affianca a quella del Comune di Roma. Nel pomeriggio gli omaggi di tante sigle di destra. A ricordo di una strage che ha segnato una generazione e messo in ginocchio un’intera comunità politica. Davanti al cortile dove morirono Franco, Francesco e Stefano lo Stato perse ogni credibilità assecondando il disegno del terrorismo rosso. Oggi tutto è cambiato. Oggi sono altri gli avversari e i tiranni che negano la libertà. Oggi quei morti non appartengono più al ricordo di una parte. Non dovrebbero. Perché, come le vittime dalla sponda opposta degli anni di piombo, sono pezzi “viventi” della nostra storia nazionale.

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