Finkielkraut contro il politicamente corretto: il nostro mondo è ormai inabitabile

25 Ott 2020 12:16 - di Riccardo Arbusti

L’impressione generalizzata è che l’offensiva intellettuale contro l’egemonia del politicamente corretto provenga soprattutto dalla cultura francese più pensosa, rappresentata oggi da pensatori e scrittori come Pascal Bruckner, Michel Onfray, Michel Houllebecq e Alain Finkielkraut.

Una avanguardia di pensiero

Una avanguardia di pensiero che nell’ultimo decennio, insieme all’opera di un altro francese, Alain de Benoist, costituisce una lettura difforme e complessa della nostra contemporaneità. Giunge quindi più che opportuno l’ultimo libro di Alain Filkielkraut In prima persona. Una memoria controcorrente (Marsilio, pp. 105, euro 15,00) – che si presenta come una autobiografia intellettuale senza sconti di un filosofo coraggioso: “Niente occupa il mio cuore tanto quanto la crescente inabitabilità del mondo. Tra la nuova frattura sociale e il dominio devastatore dello spirito della tecnica in tutti gli ambiti della realtà, non smetto di rilevarne i sintomi. Se trovo ancora la forza di scrivere. È su impulso di questo tormento”. 

Finkielkraut: da Marx a Heidegger

Il dato più interessante è che Finkielkraut, come Onfray e Bruckner, viene da sinistra, si è abbeverato ventenne ai miti e agli slogan del Sessantotto. Eppure, già nel ’74 si rende conto della vacuità dello sposare Marx e Freud e di ridurre tutte le analisi a ideologia. Comincia, attraverso Foucault e Levinas, a vedere il mondo con maggiore complessità. Fino allo shock Heidegger: “Leggendolo – ammette – non visitavo più un palazzo lontano; ero travolto, rapito coinvolto in prima persona… La metafisica mi insegnava Heidegger, non si situa al di là, bensì alla base del pensiero corrente. Si annida nella prosa di ognuno. Tesse la trama delle nostre esistenze. Dà forma ai nostri comportamenti quotidiani”.

Il pensiero dissidente e non conformista

 A seguire, l’incontro con il pensiero dissidente dell’Europa dell’Est: Kundera, Milosz, Brandys, Kolakowski: “Non parlavano solo di politica, non si limitavano alla demistificazione (peraltro indispensabile) dell’utopia rivoluzionaria. Non si accontentavano di opporre allo schema progressista di uno scontro tra comunismo e capitalismo la realtà del conflitto tra la democrazia e il totalitarismo. Bensì indicavano, a chi si prendeva la briga di leggerli, quale fosse la sfida di civiltà della dominazione russo-sovietica sull’Europa centrale”. Ultima tappa del percorso intellettuale di Filkielkraut la rivalutazione non conformista di Georges Bernanos e Charles Péguy, autori che gli insegnano a leggere gli eventi storici con un sguardo profondo. 

L’offensiva contro il politicamente corretto

Da tutto ciò l’offensiva di Finkielkraut contro il politicamente corretto, l’ideologia oggi dominante secondo cui in ogni discorso pubblico “ognuno” deve essere rigorosamente seguito da “ognuna”. Il nostro filosofo non può non denunciare il nuovo conformismo globalista degli opinionisti che “attaccano, in maniera diretta, un conformismo defunto, e lo rimpiazzano arditamente con un nuovo gregarismo. Normalizzano le parole e le idee con tanta solerzia perché ciecamente convinti di infrangere le regole e lottare contro le disuguaglianze. Intrattenitori, commentatori o pensatori, sostengono di incarnare la dissidenza, nonostante facciano il bello e il cattivo tempo in società”. La migliore dimostrazione è la neo-lingua, costruita su tecnicismi anglicizzanti: gli hackers, il reset, lo streaming, lo shooting, il brainstorming… Ma, per Finkielkraut, “non è l’inglese che, nonostante le apparenze, estende il suo dominio sulle altre lingue, è il Gestell (la Tecnica in senso heideggeriano) che le ingloba tutte, inclusa quella di Shekespeare”. 

L’inabitabilità del mondo

L’inabiltabilità del mondo contemporaneo spinge infine Finkielkraut a una grande provocazione: “Ogni weekend, a Praga, la più bella città dell’Europa centrale, i casinisti internazionali la fanno da padrone. Talvolta, di fronte a questo vandalismo sonoro e agli altri danni del turismo contemporaneo, mi verrebbe voglia di proibirlo: che ognuno resti a casa propria, poiché i viaggi non formano più i giovani, ma contribuiscono potentemente alla standardizzazione e all’imbruttimento del mondo!”. 

  

  

Commenti

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  • Renato Biscetti 26 Ottobre 2020

    Complimenti per la recensione, è da decenni che il Secolo sforna intellettuali di livello!