La Repubblica di Arlecchino: il libro di Landolfi spiega i danni da Covid prodotti sulle istituzioni

12 Lug 2020 16:52 - di Adele Sirocchi
Landolfi

C’è un virus nocivo almeno quanto il Covid che imperversa in Italia. Ci sono vari nomi per definirlo: sfilacciamento del potere decisionale, conflitto Stato-Regioni, la catena spezzata del comando. E’ la degenerazione del regionalismo che intacca il senso più profondo della comunità nazionale. A questi risvolti politici e istituzionali è dedicato il libro di Mario Landolfi La repubblica di Arlecchino. Così il regionalismo ha infettato l’Italia (Rubbettino, pp.172, euro 15).

Le Regioni sono state un disastro

Le Regioni – scrive Gennaro Malgieri nella prefazione – “sono state un disastro. La subordinazione ad esse dello Stato è il principio della fine. Ci auguriamo che i conflitti che insorgeranno sul dopo Covid non minino la resistenza dei cittadini che finora è stata esemplare. ma perché ciò accada c’è bisogno di classi politiche generose con il popolo e rigorose con se stesse”.

Ognuno ha remato per proprio conto

Il libro di Landolfi unisce alla cronaca impietosa delle drammatiche settimane della quarantena la riflessione politica su una nazione dove le spinte centrifughe hanno determinato una miscela letale in cui si sono mescolate autonomia e epidemia. “La realtà – annota Landolfi – è che ognuno ha remato in proprio con l’occhio più rivolto alla curva della popolarità che a quella del contagio. Non è qualunquismo. Il semplice sospetto di una guerra politica tra istituzioni nel pieno dell’emergenza rende chiaro che il livello di guardia si sta pericolosamente alzando”. Lo spettacolo che ne è emerso, al di là dei dati su malati, positivi e decessi, allarma soprattutto perché la ricetta per la guarigione è lungi dall’essere determinata.

E’ mancato uno sforzo unitario

“Lo stress test impostoci dal Covid-19 – riassume l’autore – ha squadernato la disarmante debolezza delle nostre istituzioni, evidenziandone l’assetto ormai irrimediabilmente minato dalla polverizzazione di funzioni, potere e competenze. Nulla, in questo drammatico frangente, è risultato immune dal ‘fai da te’. Nulla, perciò, è stato affrontato con spirito e sforzo unitario. Che si trattasse di tamponi o mascherine, di chiusura delle scuole o delle fabbriche, di zona rossa per i territori piuttosto che di quarantena dei cittadini, di fase uno o Fase due, di libri, di jogging e persino di pizze da asporto, consentite ovunque tranne, paradossalmente, a napoli e in Campania”.  Se la catena di comando si rivelava arrugginita e farraginosa, la risposta di medici e cittadini è stata composta e ammirevole.

La rifondazione dello Stato

Se c’è qualcosa che non funziona la causa non va ricercata nel popolo ma negli attori istituzionali. E’ dunque a quel livello che occorre qualcosa di più di una superficiale manutenzione. Perché, avverte ancora Landolfi, se fosse un’automobile l’Italia del post-virus avrebbe gomme a terra e serbatoio vuoto. Altro che ripartenza. S’impone con forza la necessità di una rifondazione dello Stato. Ed essa, è la conclusione cui giunge l’autore , “non può che passare attraverso l’elezione di un’assemblea costituente, cioè di un organismo ad hoc, formato da cento persone elette con il sistema proporzionale e che, tempo diciotto mesi, preparano un testo di revisione costituzionale da sottoporre a referendum confermativo”. Non c’è bisogno di replicare il carnevale cui abbiamo già assistito con i presenzialismi a Villa Pamphili o con ingiustificate proroghe dello stato d’emergenza. “A tempi eccezionale si risponde con strumenti eccezionali”. Una sfida, rammenta Landolfi, cui sono chiamati soprattutto Meloni e Salvini. Riprendendo quell’itinerario che appartiene da decenni alla destra e che ha il suo fondamento nel senso dello Stato e della nazione.

 

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