Cultura: domani l’omaggio della Rai a Guareschi, giornalista scomodo e grande italiano

22 Apr 2020 15:56 - di Redazione

Vicino alla bara, avvolta nella bandiera con lo stemma di Casa Savoia, solo i familiari e un pugno di amici. Quelli veri: Baldassarre Molossi, direttore della Gazzetta di Parma, Giovanni Mosca, Carlo Manzoni, Nino Nutrizio, Enzo Biagi ed Enzo Ferrari. Se ne andò così Giovannino Guareschi, giornalista, scrittore, disegnatore. Ma, soprattutto, personaggio controcorrente nell’Italia del dopoguerra. A lui Rai Cultura dedica il documentario di Fabrizio Marini per il ciclo Italiani, in onda giovedì 23 aprile alle 15.20 su Rai3. Nato a Fontanelle, in provincia di Parma, il primo maggio 1908, Giovannino Oliviero Giuseppe Guareschi deve all’incontro con Cesare Zavattini il primo lavoro come correttore di bozze al Corriere Emiliano. Ed è sempre Zavattini, nel 1936, a proporgli di lavorare a Milano per un nuovo quindicinale di satira, il Bertoldo.

Guareschi fu determinante nella sconfitta dei socialcomunisti nel 1948

La guerra porta alla chiusura del giornale nel settembre 1943. L’8 settembre, il tenente di artiglieria Guareschi conosce l’arresto e la deportazione in Germania da parte dei tedeschi. Sconterà due anni di prigionia durante i quali compone La favola di Natale, racconto musicato di un sogno di libertà. Dopo la guerra, torna in Italia e fonda il Candido, settimanale del sabato. Alle elezioni del 1948 si schiera contro il Fronte Socialcomunista. È in quel drammatico frangente che conia lo slogan destinato all’immortalità: «Nel segreto della cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no». La prosa schietta e il carattere sanguigno gli costeranno due condanna. La prima, nel 1950, per vilipendio al Capo dello Stato Luigi Einaudi. La seconda, per diffamazione, nel ’54 a seguito di una denuncia di Alcide De Gasperi.

Nel 2006 il francobollo per il “papà” di Peppone e Don Camillo

In quest’ultimo caso, Guareschi è vittima della classica polpetta avvelenata. Viene infatti in possesso di due lettere (poi rivelatesi false) del politico trentino risalenti al 1944. In una di esse De Gasperi avrebbe chiesto agli Anglo-americani di bombardare la Capitale «per infrangere l’ultima resistenza morale del popolo romano». Guareschi sconterà la condanna nel carcere di San Francesco del Prato a Parma. Nel 1957 si ritira da direttore del Candido. Nel giugno 1961 subisce un infarto. Il 7 ottobre dello stesso anno esce Don Camillo monsignore… ma non troppo, il quarto film della famosa saga di Peppone e don Camillo, i personaggi che consegneranno Guareschi alla storia. Nel 1968 il grande giornalista muore a Cervia stroncato da un attacco cardiaco. Era il 22 luglio. Nel 2006, su proposta dell’allora ministro delle Comunicazioni Mario Landolfi, la Consulta filatelica dedicò a Guareschi un francobollo commemorativo.

 

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  • Andrea De Benedetti 22 Aprile 2020

    Voglio ricordare che l`UNITA`,giornale del Partito Comunista, diede la notizia della morte con questo titolo:
    ” Oggi e` morto lo scrittore che non era mai nato”