Ricordo di Alberto Giaquinto al Cis, Gramazio: “Mai dimenticare da dove si proviene”

10 Gen 2020 15:02 - di Adriana De Conto
Alberto Giaquinto

Alberto Giaquinto nei nostri cuori. “Un dovere morale, prima che politico, ricordare il barbaro assassinio del giovene 17enne missino, il 10 gennaio di 41 anni fa”. Con queste parole Domenico Gramazio, direttore di  Realtà Nuova, ha iniziato il suo ricordo presso il Cis, intitolato al martire missino. Una sala strapiena. Il Cis con la consueta sensibilità ha voluto organizzare un momento di raccoglimento e di ricordo. Relatore con Gramazio lo storico della destra, Adalberto Baldoni. Ha coordinato l’incontro il professor Pierluigi Francia. In apertura i messaggi del presidente della Fondazione Alleanza nazionale, Giuseppe Valentino; e del segretario dell’Ugl, Paolo Capone, presenti “in pectore”.

“Non bisogna mai dimenticare da dove si proviene”, ha ammonito Gramazio. Nel suo intervento ha ricordato la vicenda  processuale e la battaglia del padre di Alberto, Teodoro. Alberto Giaquinto fu colpito a freddo da un agente. “Si trattò dell’unico caso in cui l’assassino di un nostro ragazzo ebbe una condanna. Sia pure lievissima, 6 mesi”. Per l’agente fu riscontrato l’eccesso di legittima difesa. Ma Giaquinto non era armato. “Il papà di Alberto fece di tutto per ottenere una condanna”,  ricorda Gramazio commosso. “Riuscì a parlare con il Presidente della repubblica e col Papa. Intanto perquisirono la salma di Alberto ignobilmente fino all’inverosimile per cercare un’arma che non c’era. Fu perquisita e divastata anche la casa dei genitori. Per trovare una pistola che non c’era e non c’era mai stata”.

Alberto Giaquinto: “Amato da tutti. Amava musica e calcio”

Alberto era “amato da tutti, estroverso, amante della musica e del calcio. Allegro, come tutti i ragazzi della sua età. Aveva il “difetto” di avere le sue idee politiche, di voler cambiare il sistema. Questo, nell’Italia di allora, era imperdonabile”, ha detto Gramazio.

Baldoni: “Il mio ricordo di cronista del Secolo”

Una vicenda che “ci conferma ancora una volta nella volontà di proseguire sulla via delle tante verità nascoste”.  Ricorda infatti Gramazio le tante vittime di un gennaio tragico: da Acca Larenzia ad Alberto Giaquinto; fino all’anno succesivo in cui venne ucciso Angelo Mancia. Fu lui a dirmi: “intitoliamo ad Alberto il nostro Cis”. Angelo Mancia era all’epoca fattorino al Secolo d’Italia. Adalberto Baldoni, all’epoca dei fatti capocronista Interni del quotidiano dell’Msi, ha voluuto ricordare quegli anni di sangue vissuti sulla sua pelle attimo per attimo dal nostro “Secolo”. Dal 1969 in poi “quella stagone l’ho sofferta da  cronista e da militante, prima che da storico”. Lo ricorda, rammentando come lui e Roberto Rosseti – presente all’incontroseguissero con dolore quelle cronache insanguinate. Seguendo anche i processi, come quello di Primavalle per il rogo dei fratelli Mattei.

Presente nella sala convegni Antonella Mattei. Con i ragazzi del gruppo “Magnitudo Italia” è da tempo impegnata a trasmettere la memoria politica ai tanti giovani che si accostano alla nostra storia. Uno di loro è intervenuto a nome di tutti, Nicola Colosimo, invocando la nascita di scuole di partito. Che oggi latitano. C’è molto da lavorare per passare il testimone alle nuove generazioni che si accostano al nostro mondo. Adriano Tilgher, presente in sala è intervenuto incoraggiando i  ragazzi a perseverare nella loro ricerca. L’impegno del Cis a dare prospettiva al nostro passato non manca. Era presente Gabriele Adinolfi, che con il centro studi “Polaris”  molto sta facendo in questi anni. Resta, pertanto, di questa serata nel nome di Giacinto, non solo il ricordo. Ma la prospettiva che il suo sacrificio possa ancora insegnare, indicare una via. Resta, soprattutto, l’ansia della ricerca di verità politiche oltreché giudiziarie.

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