Manovra, è ancora stallo su “quota 100” e reddito. Ma Tria è ottimista

3 Dic 2018 16:18 - di Michele Pezza

La “fotografia” più fedele dello stallo sulla manovra è quella “scattata” nel primo pomeriggio da Maurizio Gasparri: «Il governo – dice il senatore di Forza Italia – non ha chiarito nessun nodo, a cominciare da quelli del reddito di cittadinanza, inesistente, e della riforma delle pensioni. Praticamente si sta chiamando la Camera a votare la fiducia sul nulla». E al momento è proprio così. Salvo sorprese, infatti, la manovra approderà in aula a Montecitorio alle 14 di mercoledì. Tre ore prima sarà scaduto il termine degli emendamenti, ma è difficile che tra di essi si materializzino quelli relativi a “quota 100” e al reddito di cittadinanza, le due misure oggetto del contenzioso tra Palazzo Chigi e la Commissione Ue e dalle cui poste di bilancio deriveranno i saldi di bilancio.

La manovra in aula dopodomani

Il deficit a 2,4, che per bocca di Salvini e Di Maio era stato dichiarato limite invalicabile, con il passare delle ore si sta rivelando una linea immaginaria. Bruxelles ha colto i segnali di cedimento della maggioranza giallo-verde e chiede di passare dalle parole ai fatti, cioè di ridurre gli importi destinati al superamento della “Fornero” e al reddito di cittadinanza. Dalla riunione dell’Eurogruppo il ministro Tria ed il vicepresidente della Commissione Dombrovskis si sono detti d’accordo circa la «volontà – si legge in una nota – di trovare al più presto una soluzione al contenzioso sulla manovra tra Roma e Bruxelles». E sul dialogo in corso tra Roma e Bruxelles punta anche il portoghese Mario Centeno, presidente dell’Eurogruppo: «È importante – sottolinea – portare tutti i Paesi a rispettare le regole del patto di stabilità».

L’Ue al governo: «Ora passate ai fatti»

Ma a rubare la scena ai protagonisti, nazionali ed europei, del confronto tra Italia e Ue ha provveduto l’analisi di Goldman Sachs sull’outlook europeo per i quali la manovra economica italiana sarà cambiata non da Juncker e Moscovici, ma dai mercati finanziari. «I nostri economisti europei – vi si legge – rimangono scettici nei confronti della capacità delle istituzioni dell’Ue o degli attori politici italiani per innescare un cambiamento di rotta nell’attuale contesto della politica fiscale. Piuttosto, pensano che un’ulteriore pressione del mercato sia tanto più probabile come catalizzatore per il ritorno alla disciplina fiscale. Quindi – conclude il rapporto – le cose potrebbero aver bisogno di peggiorare prima che le cose migliorino».

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