Mafia, decapitata la nuova cupola: in manette il successore di Totò Riina
La mafia ha ricostruito a Palermo la storica cupola. Emerge da una indagine della dda di Palermo che ha disposto il fermo di 46 persone tra cui il nuovo presunto capo dell’organizzazione mafiosa. Il fermo è stato eseguito dai carabinieri del comando provinciale. Le accuse per gli indagati sono di associazione mafiosa, estorsione aggravata, intestazione fittizia di beni, porto abusivo di armi, danneggiamento a mezzo incendio, concorso esterno in associazione mafiosa. All’alba è scattata un’operazione che ha portato al fermo di 46 fra boss e gregari. Arrestato anche il «nuovo capo della Commissione provinciale, Settimo Mineo, capo del mandamento di Pagliarelli», dicono gli investigatori. Nel corso delle indagini gli investigatori sono riusciti a «cogliere in presa diretta la fase di riorganizzazione in atto all’interno di Cosa Nostra» ma anche a «documentare l’avvenuta ricostituzione della “nuova” Commissione provinciale di Palermo». Mineo aveva il terrore di essere intercettato, per questo non utilizzava neppure il telefono cellulare. Inoltre, cercava di utilizzare l’auto il meno possibile e preferiva camminare a piedi. Di Mineo per la prima volta aveva parlato il primo grande pentito di Cosa Nostra, Tommaso Buscetta.
Mafia, Mineo eletto successore di Riina
Mineo sarebbe stato eletto successore di Totò Riina il 29 maggio scorso. In quell’occasione la cupola di Cosa Nostra era tornata a riunirsi per la prima volta dal 1993, per scegliere i nuovi vertici e riorganizzare le attività di traffico di droga e scommesse online. Mineo, ufficialmente gioielliere con negozio in centro, è il più anziano fra i boss della mafia siciliana. Stimato da Riina, nel 1982 Mineo era scampato a un agguato in cui morì il fratello Giuseppe, dopo che già un altro fratello, Antonino, era stato assassinato sei anni prima. Nel 1984, al giudice Falcone che lo interrogava dopo l’arresto, lo “zio Settimo” rispose: «Non so di che parla, cado dalle nuvole». Fu poi condannato a cinque anni al maxiprocesso e, riarrestato nel 2006, era tornato libero dopo una condanna a undici anni. I fermati per ordine della Direzione distrettuale antimafia di Palermo sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni consumate e tentate, con l’aggravante di avere favorito l’associazione mafiosa Cosa Nostra, fittizia intestazione di beni aggravata, porto abusivo di armi comuni da sparo, danneggiamento a mezzo incendio, concorso esterno in associazione mafiosa. Si tratta del risultato di quattro distinti procedimenti penali. Le indagini, coordinate da un pool di magistrati composto dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Maurizio Agnello, Francesca Mazzocco, Amelia Luise, Dario Scaletta, Gaspare Spedale e Bruno Brucoli, hanno consentito di cogliere in presa diretta la fase di riorganizzazione in atto all’interno di Cosa Nostra e di documentare la ricostituzione della nuova commissione provinciale di Palermo, che per anni non si era più riunita, segno che si era tornati alla gestione unitaria di un tempo.