Jessica Faoro, chiesti ergastolo e isolamento per il tramviere Garlaschi

30 Nov 2018 16:52 - di Eleonora Guerra

Ergastolo con isolamento diurno. È la richiesta della Procura di Milano per Alessandro Garlaschi, il tramviere che uccise con 85 coltellate Jessica Valentino Faoro, 19enne cui aveva offerto ospitalità in cambio di lavori domestici. Garlaschi, che deve rispondere di omicidio aggravato dalla crudeltà e dai futili motivi e vilipendio di cadavere, viene giudicato con rito abbreviato, che prevede lo sconto di un terzo della pena.

Jessica Valentina Faoro arrivò a casa di Garlaschi con la promessa di un tetto in cambio di lavoro. Aveva vissuto in comunità fino alla maggiore età e poi ne era uscita considerandosi sola al mondo, rifiutando i rapporti con la famiglia e portandosi addosso il peso di un dramma: il distacco dal figlio che ebbe appena 14enne e che fu dato in adozione. Garlaschi le fece credere di vivere con la sorella e Jessica accettò di svolgere lavori domestici in casa sua, dove dormiva su un divano letto in soggiorno. In realtà, la donna con cui il tramviere viveva era la moglie e lui si rivelò presto un predatore sessuale. Jessica fu uccisa per aver respinto un assalto del suo assassino.

L’udienza si è svolta a porte chiuse e ha visto, tra gli altri, gli interventi delle parti civili: i genitori e il fratello della ragazza e il Comune di Milano. Fuori dal Tribunale, parenti e amici di Jessica, fra i quali la bisnonna Cristina e diverse ragazze che erano state con lei in comunità, hanno dato vita a un presidio per chiedere giustizia, scandendo slogan come «Non è normale che sia normale» e «Jessica nel cuore». «La comunità è come una prigione, quando esci non capisci quello che ti succede», ha spiegato al Corriere della Sera Elena, una ragazza che era stata con Jessica nella comunità per minori di Voghera. «È stata abbandonata come lo siamo tutte noi, siamo invisibili», ha poi aggiunto Celeste, raccontando che «in comunità non potevamo nemmeno abbracciarci, perché venivamo sgridate o considerate lesbiche. Siamo state separate dai nostri fratelli: traumi da cui non ci siamo più riprese». E che nel caso di Jessica si sommavano a quello del figlio perduto. «Ci vorrebbero percorsi psicologici e di sostegno anche dopo la maggiore età», ha poi sottolineato anche lei al CorSera, Manola Sambo, presidente dell’associazione Crisalide che si occupa delle ragazze.

 

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