Dallo «psiconano» ai «sette nani»: i 5Stelle alle corde scoprono l’ironia

29 Nov 2018 16:59 - di Marzio Dalla Casta

Dallo «psiconano» ai «sette nani». La necessità – dice il saggio – aguzza l’ingegno. E, aggiungiamo noi, affina lo spirito. Chiedere per conferma ad Alessandro Di Battista che  per una volta è riuscito a rimediare una risposta rovistando negli anfratti dell’ironia piuttosto che in quelli del rancore, a lui ben più familiari. E così, richiesto di un commento sulle ambasce della famiglia Di Maio, ha saputo trovare le parole giuste per relegare nel perimetro del ridicolo storielle pomiglianesi di lavoro nero e di sequestro di calcinacci che un Pd incattivito vorrebbe invece spacciare per la fine del mondo manco fossero i conti truccati di Banca Etruria. Eccole: «Non posso. Devo far mettere in regola un bel po’ di nani da giardino di mio zio…». Troppo forte, davvero. Ma anche la spia che il vento della politica, finalmente, comincia  soffiare anche tra i paladini dell’anticasta fino a coprire il rumore delle raffiche di onestà-tà-tà-tà gridate a squarciagola a bei tempi dell’opposizione quando era tutto un fiorire di sogni, propositi e speranze non ancora offuscati da compromessi, retromarce e mezze misure imposte dal blasone di primo partito e dalla presenza nel governo. Sotto questo profilo, l’ironia del Dibba tupamaro vale più di un sondaggio di Pagnoncelli o di un’inchiesta di Formigli. Politicamente, indica la perdita dell’innocenza dei grillini e il loro ingresso nell’età matura. L’esercizio del governo, a maggior ragione se corredato di ubbie di cambiamento, non è un pranzo di gala. Proprio come la rivoluzione di Mao. E lo scorticamento di Di Maio è il pedaggio da pagare alla fama politica e alla fame di potere. L’una e l’altra allarmano. Con i «nani da sistemare nel giardino di mio zio», Di Battista dà prova di aver capito che non è la purezza la cifra della politica e, soprattutto, che chi naviga in questi mari deve soprattutto saper nuotare. Perché tutti, prima o poi, faranno naufragio.

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