Così la criminalità imponeva al Foggia calcio gli ingaggi dei propri calciatori
Imponevano alla società sportiva Foggia calcio perfino gli ingaggi di sedicenti calciatori che, pur incapaci, erano vicini all’associazione mafiosa foggiana, la famosa “Società“.
E’ solo uno spaccato dell’attività estorsiva messo in luce dall’indagine che ha portato questa mattina al blitz, denominato “La decima azione“, nel corso del quale carabinieri e polizia hanno arrestato 30 presunti esponenti della mafia foggiana, la cosiddetta “Società” con le accuse, a vario titolo, di associazione di stampo mafioso, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco e tentato omicidio.
Le misure cautelari sono scattate nei confronti di esponenti delle batterie Moretti-Pellegrino-Lanza e Sinesi-Francavilla e, fra gli indagati, ci sarebbe anche il nome di Rodolfo Bruno, il pluripregiudicato foggiano ucciso lo scorso 15 novembre all’interno di un bar alla periferia di Foggia.
L’organizzazione malavitosa sgominata operava, in forma quasi monopolistica, in numerosi settori illeciti.
Uno degli ambiti criminali più rappresentativi era quello delle estorsioni realizzate, praticamente a tappeto, nei confronti, secondo gli inquirenti, di tutti gli operatori economici di Foggia: dalle agenzie di pompe funebri ai gestori di slot machine, dagli esercizi commerciali e agli imprenditori edili.
Nessuno poteva tirarsi indietro. E, di fatto, secondo gli inquirenti, erano moltissime le persone disposte a pagare il taglieggiamento della “Società” per evitare problemi.
Le intercettazioni degli investigatori evidenziano anche il tentativo di condizionamento della società calcistica del Foggia, all’epoca militante nel campionato di Lega Pro.
Nel corso di alcune attività di intercettazione telefonica è emerso che, i membri della “Società” foggiana avrebbero imposto alla società sportiva Foggia Calcio la stipulazione di contratti di ingaggio nei confronti di persone vicine all’associazione mafiosa, pur non disponendo di qualità sportive significative.
E’ anche emerso come l’attività di infiltrazione si realizzava anche imponendo l’assunzione delle persone indicate dagli appartenenti alla “Società” Foggiana, come nel caso dell’azienda Tamma, un pastificio di Foggia con una lunghissima storia imprenditoriale.
E ancora l’attività estorsiva riguardava tutte le sale scommesse, anche quelle gestite da familiari e parenti …(«perché non ce ne frega niente … il giro delle macchinette quelli noi li dividiamo ogni tre mesi», si legge nella trascrizione di alcune intercettazioni) e i costruttori edili … («devono pagare: ho detto se non stai vendendo, tu neanche costruisci. Comunque ho detto a noi non ce ne frega niente…ci devono pagare tutti quanti, tutti i costruttori», questo il testo di un’altra conversazione).
Ma l’attività estorsiva della “Società” era talmente ramificata e strutturata da poter contare sull’aiuto esterno perfino dei dipendenti del Comune di Foggia.
Per poter procedere alle estorsioni delle agenzie di pompe funebri di Foggia, infatti, i membri della “Società“, la mafia del capoluogo dauno, avrebbero inquinato non solo i settori economico-produttivi ma anche quelli sociali ed amministrativi, riuscendo ad accedere a notizie «evidentemente trasmesse da dipendenti comunali», relative al numero giornaliero dei morti.
Scrive il giudice per le indagini preliminari , nella sua ordinanza, che «… la Società Foggiana riesce ad inquinare tutti i gangli vitali della vita sociale, economica, amministrativa di Foggia», tanto che gli esponenti della organizzazione, durante le attività estorsive, avrebbero avuto a disposizione una famigerata “lista delle estorsioni“, in cui sono riportati i nomi degli imprenditori foggiani che sistematicamente pagano il pizzo.