Roma, dall’Aci ai Gesuiti: ecco chi c’è dietro il suk di Ponte Mammolo

11 Mag 2015 17:48 - di Roberto Frulli

Era nota come la baraccopoli di via delle Messi D’Oro. Duecento persone, rom, bengalesi, nordafricani, parecchi eritrei, perfino una ventina di rifugiati politici, ammassate in un degrado indegno di un Paese civile fra rifiuti, sporcizia di ogni genere, in un insediamento abusivo a Ponte Mammolo, fra lo stradone di viale Palmiro Togliatti – che fine ingloriosa per l’icona della sinistra – e la grande arteria di via Tiburtina.
Un nugolo di baracche improvvisate, roulotte malmesse, aggrappate le une alle altre a formare un villaggio abusivo interconnesso da stretti vicoli su una superficie di 3.800 metri quadri. Un vero e proprio ghetto frutto del buonismo lassista della sinistra che promette accoglienza a tutti senza poi poterla, ovviamente, garantire e lasciando che crescano queste realtà. E non è un caso che quando ieri un piccolo esercito di agenti della polizia municipale dello Spe e del IV Gruppo, uomini della Croce Rossa, medici della Asl RmB, si è presentato per sgomberare quel suk dopo mesi di avvisi caduti nel nulla, a insorgere sia stato subito l’associazionismo di sinistra. I soliti noti, insomma. Come l’associazione Prime che da due anni dice di lavorare al campo di Ponte Mammolo. E se questi sono i risultati forse è meglio che Prime si occupi di tutt’altro. Perfino l’assessore Danese – la campionessa della sinistra romana che vorrebbe utilizzare i rom per recuperare rifiuti “selezionati” dai cassonetti istituzionalizzando così una pratica che ha reso Roma un mondezzaio a cielo aperto – ha serie difficoltà ad accettare quella che Prime definisce pomposamente “Comunità della Pace” idealizzando quello che altro non è se non una discarica di rifiuti e, purtroppo, anche di persone illuse da questa sinistra.

La finta solidarietà dell’associazionismo di sinistra

Fatto sta che, sobillati dai soliti noti che soffiano sul fuoco in nome di una finta solidarietà, gli abusivi hanno alzato barricate con i rifiuti contro lo sgombero impedendo agli agenti di entrare nell’accampamento e alle ruspe, pronte ad entrare in azione, di mettersi al lavoro. Nei tafferugli scoppiati fra forze di polizia ed occupanti una vigilessa è rimasta ferita a una gamba: un profondo taglio causato da una bottiglia spezzata. E un nord africano è stato poi fermato con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale: ha minacciato le forze dell’ordine con una pietra ed è stato poi bloccato dal comandante della polizia municipale Raffaele Clemente.
Alla fine lo sgombero è stato portato a termine ma, a questo punto, anche a Marino dovrebbe essere chiaro che la strada che ha praticato fino ad ora non porta a nulla se non a creare ghetti e a gonfiare di attese, rabbia e violenza gli immigrati.
Che le distanze con un certo associazionismo siano oramai incolmabili lo dice anche la diversa, diametralmente opposta, visione delle cose.
Sentite con quali toni lirici e degni di miglior causa l’Associazione Prime descrive il suk di via delle Messi D’Oro.

Perfino l’Automobile Club dietro al suk di Ponte Mammolo

Secondo l’associazione che vanta fra i suoi partner il Centro Astalli, la sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati-JRS e l’Aci, cioè l’Automobile Club italiano, ovvero «l’Ente pubblico non economico senza scopo di lucro» al quale gli italiani sono costretti a pagare il bollo auto, la baraccopoli «conosciuta anche come “Comunità della Pace” è un insediamento nato in modo spontaneo nel 2003: nel tempo sono state edificate piccole costruzioni in muratura, legno, cartongesso e baracche in lamiera e grazie al “Progetto del Cuore” di Leroy Merlin Roma Tiburtina in collaborazione con Prime Italia, è stato possibile realizzare alcuni importanti interventi: è stata avviata un’analisi sulla salubrità dell’acqua risultata potabile, nei mesi di aprile e maggio del 2014 sono stati realizzati corsi di formazione per l’acquisizione di competenze specifiche nell’ambito delle ristrutturazioni degli ambienti domestici».
La replica della Danese toglie poesia al lirismo di Prime: «stiamo smantellando un ghetto, la baraccopoli di Via delle Messi d’Oro di Ponte Mammolo dove vivevano in duecento, di diverse nazionalità, in condizioni insopportabili per una città come la nostra dove nessuno dovrebbe vedersi privato della dignità personale».
Sostiene l’associazione Prime nel contraddittorio a distanza che fa capire bene quanto sia lontana dalla realtà la visione dell’associazione: «senza alcun preavviso la baraccopoli è stata smantellata e le persone sono state dirottate in diversi centri di accoglienza (pagati sempre dai cittadini, ndr). Questo sgombero è stato deciso in modo unilaterale. Prime Italia, condanna con forza la gestione di quanto avvenuto e chiede all’assessore alle politiche sociali di Roma Capitale, Francesca Danese, e all’assessore alle politiche sociali del IV Municipio, Maria Muto, le ragioni di tale improvvisa accelerazione e della totale mancanza di consultazione con la società civile che per anni, in assenza assoluta delle istituzioni, si è occupata della vita di queste persone».
Controreplica dell’assessore: «Per tutti ci siamo attivati per indicare una soluzione praticabile dopo un incontro con loro, la scorsa settimana, organizzato con la Parrocchia di Santa Maria del Soccorso, che ci è servito per dimensionare l’intervento e per informare le persone dell’imminenza dell’operazione di sgombero».
Forse è arrivato il momento di andare a vedere sul campo quali sono gli “esperimenti” di queste associazioni di sinistra come Prime che incassano i soldi dei cittadini con il piagnisteo sugli immigrati e, poi, con quei soldi, producono vergognosi ghetti in mezzo alla città.

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