Scuola, perché Renzi non è credibile quando parla contro il 6 politico
Mentre alla Camera proseguono le votazioni sul ddl che riforma la scuola il governo ha preso a parlare, su questo delicato argomento, tre linguaggi diversi: quello propagandistico di Renzi che in tv dice “basta con il 6 politico”, quello del ministro Stefania Giannini che accusa i sindacati, quello del sottosegretario Davide Faraone che apre al dialogo a condizione che non si tocchino gli scrutini.
Renzi e il 6 politico
Non c’è dubbio che l’affermazione di Renzi sul 6 politico rimanda alla tradizione politica della destra, da sempre ostile a una scuola livellatrice e da sempre sostenitrice dell’introduzione di criteri meritocratici contro un egualitarismo dell’istruzione sciatto e privo di qualità. Renzi dovrebbe in ogni caso avere il coraggio di spiegare che la cultura del 6 politico è stato un portato della visione della scuola progressista e di sinistra di cui in qualche modo lui è erede. Com’è possibile allora risultare credibile in questa svolta sulla “buona scuola” a un premier che è anche segretario del Pd?
Faraone: il ddl è aperto e modificabile
Un linguaggio conciliante è quello che proviene dal sottosegretario all’Istruzione Faraone. “Il provvedimento sarà chiuso davvero solo il giorno del voto finale in Senato o alla Camera, se ci sarà un secondo passaggio. Fino ad allora il ddl è aperto e modificabile. A patto di mantenere intatto l’impianto generale e sapendo che riteniamo inaccettabile il blocco degli scrutini”. Lo afferma alla Stampa Davide Faraone. Sul provvedimento spiega: “Non sarà il preside da solo, ma tutto il consiglio di istituto a decidere se puntare sull’inglese o su un’altra materia. Abbiamo investito nella scuola – ricorda quindi – 3 miliardi e altri 4 per l’edilizia. È diverso dalla Gelmini che aveva tagliato otto miliardi”. Intervistato anche dal Corriere della Sera, Faraone si dice comunque convinto che “il blocco degli scrutini alla fine non ci sarà, sono convinto che la stragrande maggioranza degli insegnanti non seguirà questa logica”.
Giannini: dai sindacati una protesta politica
Al Messaggero il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini dice che i sindacati ce l’hanno in realtà con il governo: “Nella protesta contro il disegno di legge sulla scuola ci sono anche motivazioni politiche ed elettorali”. E annuncia: “Aboliremo i precari. Quelli che scendono in piazza non vogliono che la scuola si apra a un perfettibile, ma necessario, sistema di valutazione di tutto il processo educativo: che riguarda presidi, insegnanti e naturalmente anche studenti. Quando si protesta contro le prove Invalsi, che comunque non sono in assoluto i migliori test, si nega l’importanza e la necessità di avere uno strumento di valutazione standardizzato”. Per il ministro inoltre nella protesta “entra in gioco il ruolo del sindacato. Una parte si sta aprendo al dialogo, per esempio la Cisl, mentre altre parti fino ad oggi, nonostante noi avessimo praticato l’ascolto, non sono volute entrare nel merito delle questioni. Si sovrappone alla resistenza culturale una battaglia politica contro il governo”.