Quando il Msi era come l’Ira: un anno fa l’addio all’irriducibile Vito Cusimano

28 Apr 2015 15:02 - di Antonio Pannullo
Vito Cusimano insieme con Nello Musumeci

Esattamente un  anno fa si svolgevano le esequie di Vito Cusimano, protagonista e pioniere della battaglie del Movimento Sociale Italiano già nell’immediato dopoguerra. I funerali si svolsero nella chiesa di San Tommaso e Martiri inglesi a Barriera, dove Cusimano aveva vissuto. Nato nel maggio del 1927 a Regalbuto, in provincia di Enna, fu per decenni esponente di spicco della destra etnea e nazionale. Senatore della Repubblica per due mandati a cavallo tra gli anni che andarono dal 1994 al 2001: prima con il Movimento Sociale, poi, dopo il Congresso di Fiuggi, con Alleanza Nazionale. Cusimano ha rappresentato sempre con onore e dignità la destra catanese, divenendo da subito riferimento politico per un movimento in costante crescita. Politico preparatissimo, ha raccolto un plebiscito di consensi a ogni occasione elettorale. Fu apprezzato consigliere comunale a Catania dal 1952 al 1988, deputato regionale siciliano per quattro legislature e senatore per due mandati consencutivi, nelle legislature XII (1994-1996) e XIII (1996-2001). Vito Cusimano era dirigente del Banco di Sicilia, quindi divenne presto un amministratore di spiccata competenza in fatto di bilanci degli enti pubblici e agricoltura. Al Senato venne eletto nel collegio di Trecastagni insieme a Enzo Trantino che nello stesso collegio rappresentava il partito alla Camera dei deputati.

Esordì come consigliere del Msi a Catania

Come ricordò lo stesso Trantino all’Ars, «dopo avere esordito nel clandestinismo dell’immediato dopoguerra e proveniente da una ventennale attività di sindacalista e di consigliere al Comune di Catania, Vito Cusimano entrò in quest’aula con le elezioni del fatidico 13 giugno ’71, che diede al Movimento sociale italiano ben 15 deputati. Di quella nutrita pattuglia egli fu dapprima vicepresidente e, nelle successive legislature, presidente di gruppo, fino al ’91, stimato ed apprezzato per l’equilibrio e il senso di responsabilità che animava la sua condotta. Nessuno in quest’aula, meglio di Cusimano, sapeva dare una lettura politica al bilancio della Regione: ne fu per anni relatore di minoranza, puntuale, documentato, intransigente, propositivo. E questa profonda conoscenza e lunga esperienza, Cusimano mise poi a disposizione del Senato della Repubblica, dove approdò nel 1994, rimanendovi fino al 2001, anno in cui si ritirò dalla politica attiva». Tra le moltissime iniziative, Cusimano fu anche cofondatore dell’Istituto Siciliano Studi Politici ed Economici e autore del libro Relazione delle cose di Sicilia e coautore di altre pubblicazioni dell’ISSPE, come La Sicilia regione europea, Le autonomie locali, il governo del territorio e la partecipazione popolare, Crisi del governo locale in Sicilia e proposte di riforma, e altre opere.

Dai Far al Msi, una vita fatta di coerenza e passione politica

Ma, come si accennava, Vito Cusimano viene da lontano: giovanissimo, aderì al movimento clandestino fascista Far, Fasci di Azione Rivoluzionaria, fondati da Pino Romualdi a Roma nel tentativo di proseguire la lotta anti-americana in clandestinità con atti dimostrativi, e soprattutto di far confluire e radunare tutti i combattenti della Repubblica Sociale Italiana che nel frattempo si erano dispersi tra carceri, processi, internamenti, latitanze. Dirigenti nazionali dei Far furono tra gli altri Cesco Giulio Baghino, Clemente Graziani, Franco Petronio, Roberto Mieville. Molti di loro diventeranno parlamentari. La nascita dei Far a Catania è legata al filone dei fascisti intransigenti. Furono importati a Catania grazie a Nino Platania, valoroso combattente in Africa Orientale, Spagna e El Alamein con la Folgore. Con lui collaborarono presto personaggi storici del fascismo etneo come Girolamo Rallo, Nino La Russa, Rosario Costa, Enzo De Meo, Giovanni Marino, Cesare Laurenti, Guglielmo Zarbà, Agatino Giammona, Guardia Nazionale della Rsi, e naturalmente lo stesso Cusimano. Nell’aprile 1947 alcuni di loro, tra cui Cusimano, furono arrestati. Ci fu a Catania e in Sicilia un forte dibattito tra i missini legalitari e quelli clandestini per decidere la strada che dovesse prendere la fiamma tricolore, ma alla fine i primi riuscirono a convincere i secondi. La strada della lotta clandestina non appariva più percorribile. Con l’approssimarsi delle elezioni politiche del 1948 Cusimano e gli altri irriducibili aderirono al Msi, sia pure con una giunta esecutiva autonoma. Memorabile l’intervento di Cusimano all’assemblea nazionale del Raggruppamento giovanile studenti e lavoratori (antenato della Giovane Italia e del Fronte della Gioventù) che si tenne a Bologna nel 1950, nel corso del quale l’uomo politico etneo sottolineò con forza «la missione rivoluzionaria» dei giovani nazionali. In quello stesso anno rientrò a Catania anche Filippo Anfuso, ambasciatore a Berlino durante la Repubblica Sociale dopo anni di carcere e di latitanza all’estero. E il Msi catanese fece un ulteriore salto di qualità. Nel marzo del 1952 Cusimano, insieme con altri, fu promotore del Manifesto alla gioventù italiana ed europea, autentica sfida dottrinaria alla coalizione antifascista che stava partorendo in quel periodo la legge Scelba, manifesto che unificò i giovani missini e consentì loro di resistere vittoriosamente all’aggressione liberticida messa in atto contro il Msi negli anni successivi. Ma Cusimano rimase sempre un intransigente: al Congresso nazionale del Msi del gennaio 1954, che si svolse a Viareggio, aderì alla mozione di Erra, Rauti, Romualdi e De Marzio, che intendeva portare il partito su posizioni più intransigenti rispetto al sistema. Dopo decenni di attività politica intensa, negli anni Duemila si avvicinò alla Destra sociale di Francesco Storace e Gianni Alemanno. Nello stesso periodo insieme con Guido Virzì, Nello Musumeci, Nino Grippaldi ed Enzo Trantino fondò la corrente “Orgoglio e futuro”, tesa alla regionalizzazione della destra in Sicilia. È scomparso un anno fa all’età di 87 anni.

Commenti