«Dico grazie a Dio e a Padre Pio»: il comandante dell’ “Airone” racconta
A parte l’ “Airone” liberato dalla Marina italiana, a fuggire per sottrarsi al sequestro sono stati altri due pescherecci: lo ha riferito il capo del Settore centrale della Guardia costiera libica, il colonnello Reda Issa, senza però poter fornire il nome delle imbarcazioni che comunque erano anch’esse «molto grandi». Issa ha sottolineato che i militari che hanno sequestrato l’Airone erano «in uniforme» e il sequestro era avvenuto in «acque di pesca libiche». Il racconto di quei momenti a bordo del motopesca “Airone” è drammatico. «Ci hanno sequestrati…». La voce del capitano, l’armatore Vito Mazzarino era talmente concitata, da dare subito l’idea del dramma che si stava vivendo a bordo. Alberto Figuccia, a capo dell’equipaggio, al telefono era sconvolto. Ma non ha avuto il tempo di riferire più nulla, perché la linea satellitare è caduta subito subito. Sono state ore di terrore per i marinai, tre siciliani e quattro tunisini, tenuti sotto tiro da un libico armato. Fino al blitz dei militari italiani, che hanno neutralizzano il militare libico prendendo il controllo del motopesca. È solo a questo punto che la tensione è scemata. L’armatore riesce per qualche secondo a parlare nuovamente col capitano. «Il mio peschereccio si trovava in quella zona di mare assieme ad altre barche, una decina circa. A un certo punto è apparso il rimorchiatore, s’è affiancato al motopesca e uno o due uomini armati sono saliti, ed è scoppiato il caos».
Ore drammatiche a bordo del peschereccio “Airone”
A dare la notizia a Vito Mazzarino del sequestro era è stata la Capitaneria di porto. L’imprenditore, che riferisce di non aver avuto contatti con altre autorità italiane, ricostruisce quei momenti di massimo allarme: «Stamattina ho ricevuto la telefonata della Capitaneria, hanno voluto i nomi dell’equipaggio, ho chiesto il motivo e mi è stato detto con estrema crudezza che l’Airone era stato sequestrato». Quindi aggiunge: «Ho cercato subito di mettermi in contatto col capitano, che mi ha fornito solo pochi elementi. Non ho più avuto informazioni ufficiali – prosegue – la Capitaneria le chiedeva a me. Le uniche notizie che riuscivo ad avere mi arrivavano dalle altre barche che si trovavano in zona: c’è chi mi diceva che l’Airone sarebbe stato portato a Bengasi, chi a Misurata. Grazie a Dio e a Padre Pio è intervenuta la Marina italiana e l’equipaggio è salvo». L’Airone era salpato da Mazara del Vallo cinque giorni fa per la pesca del gambero rosso. «Stava andando tutto bene, poi questa tragedia», continua l’armatore. I militari della Marina hanno tratto in salvo i sette componenti dell’equipaggio dell’Airone, uno dei quali è rimasto leggermente ferito durante il blitz. Fermato l’unico libico che era al bordo del motopesca, poi trasferito sulla nave della Marina. L’azione lampo italiana viene bollata come “atto di pirateria” da Ramadan al Moatiq, portavoce del comune di Misurata. Secondo il funzionario, quanto accaduto potrebbe compromettere i rapporti bilaterali italo-libici. Gli incursori della Marina hanno compiuto il blitz in pochi minuti, raggiungendo il peschereccio con un gommone veloce di neutralizzando il militare libico, che di fatto non si è accorto di niente.
«Corriamo rischi enormi, aiutateci»
Lo Stato maggiore della Difesa riferisce che durante l’azione del team di abbordaggio dei militari italiani, un marittimo tunisino, membro dell’equipaggio, «nel cercare di facilitare la salita a bordo di uno degli operatori, ha maldestramente attivato l’arma del militare, causando l’esplosione accidentale di alcuni colpi». Alcune schegge hanno lievemente ferito al collo del piede il marittimo, trasportato poi sulla nave italiana. La vicenda sfocerà sicuramente in un’inchiesta giudiziaria la cui assegnazione è tuttavia ancora in ballo. Poiché l’assalto al peschereccio è avvenuto in acque internazionali, la Procura competente a indagare sulla vicenda sarà infatti quella del primo luogo d’attracco dell’imbarcazione. Se l’Airone farà rientro domani al porto di Mazara del Vallo, come ha assicurato l’armatore Vito Mazzarino, allora sarà la Procura di Marsala guidata da Alberto Di Pisa ad occuparsi dell’indagine; nel caso in cui il motopesca farà prima scalo a Lampedusa, allora scatterà la competenza della Procura di Agrigento, retta da Renato Di Natale. «Spero che dopo quanto accaduto, il governo autorizzi la Marina militare a proteggere con le navi i pescherecci italiani che vanno in mare», è l’appello dell’armatore dell’Airone. «Corriamo rischi enormi quando andiamo in acque internazionali e l’instabilità di paesi come la Libia aumenta in modo esponenziali i pericoli».