Il Censis racconta l’Italia dei consumi: e il Belpaese si riscopre “saggio”

29 Apr 2015 16:21 - di Priscilla Del Ninno

Il Censis traccia l’ultimo ritratto dell’Italia che cambia. Quello che, grazie a un’indagine su usi e costumi tipicamente nostrani,  delinea nuovi connotati comportamentali e vecchi costumi rispolverati ad hoc. Così, spiega e argomenta il report sociologico, dall’edonismo degli anni Ottanta – figlio del boom dei favolosi vent’anni prima – fino alla saggezza imposta da recessione economica e cultura green, il Censis ci racconta, riletti nell’ottica dei consumi, evoluzioni e ciclici ritorni dell’Italian way of life. E, soprattutto, a costo – o a vantaggio – di cosa sono cambiate le nostre abitudini. Interrogativi impliciti che aprono la finestra del Belpaese su panoramiche che aggiornano paesaggio urbano e natura sociale alle nuove consuetudini in voga.

Censis tra indagine e storia

Una rapida ma esaustiva incursione nelle case degli italiani, che copre gli anni dal 1985 al 2015. Dai fasti edonistici di ieri alle ristrettezze imposte dalla crisi odierna. Dai discount agli acquisti online, passando per l’ipermercato. Dalle griffe ostentate all’epopea dell’Outlet, e dai viaggi esclusivi ai low cost per tutti. Non per niente il rapporto del Censis si intitola Dall’edonismo dei consumi al consumo responsabile: trent’anni di cambiamenti degli stili di vita degli italiani. Un viaggio socio-economico che si rifà all’euforia del boom e approdato, dall’ottimismo dell’opulenza anni Ottanta, alle nuove povertà del terzo millennio, dal culto del risparmio, alla logica del sacrificio, passando per la rivalutazione dell’antica sobrietà di patriarcale memoria. Dall’opulenza alla sopravvivenza. Dal consumo di carne alla negazione del lusso alimentare che ha incentivato il consumo di prodotti di serie B e la riscoperta del “fatto in casa”, fino a una nuova stesura della lista delle priorità che ha penalizzato gli elettrodomestici e premiato il computer, svettato al top dell’elenco delle nuove necessità“social”.

Le stagioni del cambiamento

E dunque, divisa in «ere» di cinque anni, la ricerca del Censis (fatta in collaborazione con Findomestic, anticipata da Repubblica e che sarà presentata il prossimo 8 maggio) ricostruisce, tessera dopo tessera, il grande mosaico dell’Italia che cambia. E dunque, cominciando dal 1984, «l’era del pieno consumo» (1984-1989) e del tironfo del ceto medio. Dall’anno della morte di Enrico Berlinguer, dell’arrivo di Maradona al Napoli e dell’arruolamento di Tommaso Buscetta tra i collaboratori di giustizia con cui si sarebbe trovato alle prese Giovanni Falcone, si passa nel quinquennio ’90-’94 all’era di Tangentopoli e di Mani Pulite. Alla stagione della vittoria dei Mondiali di Calcio, all’epopea «della medietà», in cui i ricchi ancora imperversano, ma cominciano a dimostrarsi già più cauti, e dove i consumatori, spiega il report, sono «a geometria variabile, caratterizzati da una totale infedeltà a marchi e griffe». Così, ecco che si assiste al tripudio di discount e di ipermercati… Poi, tutto cambia: in direzione geopolitica. Nel 1995 vengono siglati gli accordi di Shengen. Nel 1997 nasce Google. Nel 1999 viene sancito l’addio al vecchio conio: e la lira abdica in favore dell’euro che debutta come moneta unica. Benigni e l’Italia tornano a protagonizzare a Hollywood con la conquista dell’Oscar grazie a La vita è bella. Sono gli anni, secondo il Censis, dell’«ottimismo temperato», della mitologia «senza fili» che si nutre di «relazioni virtuali», dove, recita il report presentato da Repubblica, «vincono l’innovazione, il consumo responsabile e la cura di sé». E se dal 2000 al 2007 prende piede nel Belpaese ciò che il Censis stigmatizza come «il vivere altrimenti» – crescita economica ai minimi e consumi già emblematicamente fermi – con le famiglie alle prese con la nuova formulazione dei concetti di priorità e lusso, si apre, in quel frangente, il sipario sul desolante scenario della crisi. Tanto che, mentre nel 2008 l’America celebra l’Obama dello« Yes, I can», da noi ci si comincia ad attrezzare ai tagli imposti dalla crisi. Tagli effettuati ad arte, secondo l’antica lezione delle generazioni precedenti, maestre di saggezza e sobrietà capaci – simbolicamente parlando – di insegnare come rigirare i colletti delle camicie e rivoltare i cappotti. Una lezione tornata di stringente attualità…

 

 

 

 

 

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