Furia laicista a Bologna: niente benedizione pasquale a scuola
Arriva da Bologna l’ennesimo caso di furia laicista nelle scuole: la benedizione pasquale diventa oggetto di un ricorso al Tar. La vicenda riguarda l’Istituto comprensivo 20 di Bologna, di cui fanno parte tre scuole, le primarie Carducci e Fortuzzi e la secondaria di primo grado Rolandino. Ma il ricorso è stato promosso da appena sette genitori e undici insegnanti, spalleggiati dal comitato Scuola e Costituzione.
Il Consiglio d’Istituto ha votato sì
La decisione di dare il via libera alla benedizione era stata assunta dal Consiglio d’istituto, un organismo di rappresentanza democraticamente eletto all’interno delle diverse componenti della scuola e presieduto da Giovanni Prodi, nipote dell’ex presidente del Consiglio, Romano. Il voto era arrivato dopo che, a febbraio, già si erano consumate polemiche e discussioni sulla richiesta delle parrocchie di impartire la benedizione. L’esito era stato comunque positivo e solo due rappresentanti si erano espressi contro. Inoltre, era stato stabilito che la benedizione sarebbe dovuta avvenire in orario extrascolastico e solo con i bambini accompagnati dai genitori. Dunque, il via libera non solo è stato un atto deciso democraticamente, ma anche studiato in modo che nessuno fosse costretto a “subire” la benedizione contro la sua volontà.
I laicisti ricorrono al Tar
Uno scenario che comunque non è andato bene al manipolo di difensori della “laicità” a tutti i costi, che per questo ha deciso di ricorrere al Tar per imporre la propria volontà a tutto l’Istituto. Le bendizioni, secondo quanto è stato scritto nel ricorso, sarebbero contrarie al principio di laicità e aconfessionalità dello Stato e il Consiglio d’Istituto si sarebbe «arrogato senza motivazione un potere che non ha». Soprattutto, però, per i sette genitori e 11 insegnanti «non ha importanza che la celebrazione sia non obbligatoria e prevista al di fuori dell’orario scolastico, perché la partecipazione o meno a un atto di culto dentro i locali della scuola discrimina i componenti della comunità scolastica, in merito alla partecipazione a un’attività da questa deliberata, in base alle proprie idee religiose».
La dittatura della minoranza
Per quanto contorto sia il modo in cui lo hanno espresso, il punto è sempre lo stesso: non importa quale sia l’orientamento della maggioranza, ciò che conta è solo imporre la dittatura della minoranza. Sparuta, non rappresentativa, ma determinatissima a dettare legge. E fare ricatti morali: i 18, infatti, invitano «il Cdi a rivedere autonomamente la propria decisione, che è fonte di una palese divisione della comunità scolastica che riteniamo si debba superare». E poco importa che quella decisione sia stata frutto di un voto democratico e trasparente, giunto dopo che la comunità scolastica si era già confrontata sulla questione.