Striscia attacca Masterchef, così la guerra dei cuochi sbarca in tv

9 Mar 2015 15:48 - di Gioacchino Rossello

Esplosa per merito (o colpa) di Striscia la notizia che ha sbertucciato Masterchef Italia svelando in anticipo retroscena e vincitori, quella che potremmo chiamare la guerra dei cuochi si arricchisce giorno dopo giorno di nuove puntate e nuovi protagonisti. Sul sito gossipparo Dagospia appare -a firma, manco a dirlo, di una succulenta Lady Coratella– un servizio sulle magagne vere o presunte del ribattezzato Masterbluff, che, calcio a parte, è  il programma più seguito di Sky. Con tanto di reprimenda affidata a Gianfranco Vissani, uno dei più blasonati chef nazionali. Quello che all’inizio fu il cuoco di D’Alema, spesso evocato e riverito nel salotto multiuso di Bruno Vespa nonché presenzialista tv tout court con le immancabili calzature rosse ai piedi, non le manda certo a dire ai protagonisti del reality della tv di Murdoch.

Cuochi in tv

Intanto perché, spiega Vissani, “c’é più spettacolo che cucina”. E poi, ecco infilzato quel Bastianich “diseducativo”. Uno che “sputa nei piatti dei concorrenti – è l’accusa – e non è un cuoco”.  Dopodiché arriva la sentenza, che contiene anche una neppur velata autocritica: “Chi vince Masterchef – nota Vissani – non ha successo. Il nostro mestiere è fatica, la TV solo spettacolo”. E deve essere appunto in forza dello spettacolo, dell’antico adagio secondo il quale the show must go on, che i cuochi italiani, divenuti ormai celebrità televisive osannate e riverite, si accapigliano e se le danno di santa ragione.

Una legione sbarca in tv

Ovunque. Gente come Barbieri e Cracco, che a quel programma-reality devono fama e, certamente, contratti da favola, suscitano l’invidia degli altri. Cosicché se un tempo erano pochi, quasi mitici e quasi mai visibili, come Gualtiero Marchesi o Fulvio Pierangelini, oggi sono in tanti. E tutti a premere per andare in tv, per apparire in qualsiasi programma. Mattino, pomeriggio, sera o, anche notte, non importa. A qualunque ora ci sono legioni di “chef” (che fa assai più in, rispetto al tradizionale “cuoco”) pronti a cuocere qualunque cosa, a mischiare e amalgamare ogni ingrediente. Tutti impeccabili, coi loro grembiuli perfetti e attillati e con quell’italiano zoppicante. Pur di essere ripresi da una telecamera qualsiasi. In un posto qualsiasi. Con padelle luccicanti e fornelli pronti. Anche spenti. Perché è l’immagine che conta. Mica il sapore.

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