In libertà nonostante 3 ergastoli per omicidio, condannato ora a 30 anni
Nonostante una condanna a tre ergastoli per altrettanti omicidi per droga commessi a Milano nei primi anni ’90 Francesco Salerno, 56 anni, era in libertà in quanto, durante la sua latitanza in Uruguay, era stato processato senza che fosse a conoscenza del procedimento a suo carico. Il Paese sudamericano, che non ammette il carcere a vita, inoltre aveva estradato l’imputato in Italia solo dopo aver preteso e ottenuto dal ministero della Giustizia italiano, nel marzo 2013, un impegno formale a non applicargli mai l’ergastolo.
Ora l’uomo è stato condannato a 30 anni di reclusione dalla prima Corte d’Assise d’Appello di Milano, presieduta dal giudice Sergio Silocchi, che ha accolto la richiesta del sostituto Pg Pietro De Petris. E’ stato quindi arrestato subito dopo la lettura della sentenza, e portato nel carcere milanese di San Vittore.
La complessa vicenda giudiziaria attraversa un arco di tempo di circa vent’anni. A causa della violazione della norma che impone ai giudici di provare che l’imputato latitante sapesse dell’esistenza del processo a suo carico, l’uomo era stato scarcerato nonostante la condanna definitiva a tre ergastoli, nel 2002. All’epoca infatti Salerno si trovava in Uruguay, dove è stato arrestato ed estradato in Italia nel dicembre 2013.
I tre omicidi legati allo spaccio di droga
Si è aperto quindi un processo d’appello “bis”, che si concluso oggi con la condanna a 30 anni di carcere. La pena dell’ergastolo non poteva essere inflitta anche a causa dell’impegno preso con le autorità dell’Uruguay.
Gli omicidi furono commessi nella zona nord di Milano e a Bollate, nell’hinterland milanese, tra il gennaio 1991 e il dicembre 1992 per regolamenti di conti legati anche allo spaccio di droga. Una delle vittime, Maurizio Barbone, tra l’altro aveva venduto alla sorella di Francesco Salerno una dose di eroina che provocò la morte della donna per overdose.
Le indagini della Squadra mobile portarono, nel 1998, all’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dell’uomo, all’epoca latitante, e di altre persone, individuate grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Salerno è stato quindi processato in contumacia e condannato. Quando è stato estradato dall’Uruguay, nel 2013, il suo difensore, l’avvocato Marco De Giorgio, ha impugnato la sentenza sostenendo che l’uomo non fosse consapevole dell’imputazione a suo carico. Per tutto questo arco di tempo l’uomo è rimasto quindi fuori dal carcere. «Salerno andava assolto in quanto non sono stati trovati riscontri alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia – ha spiegato l’avvocato -, faremo ricorso in Cassazione contro questa sentenza».