Basterà una pillola a renderci più simpatici: parola della ricerca Usa

21 Mar 2015 15:13 - di Bianca Conte

Una pillola ci salverà? Chissà: di sicuro potrà renderci più simpatici e compassionevoli. Uno studio americano sviluppato dai ricercatori della University of California di Berkeley e di quella di San Francisco, hanno pubblicato sulla rivista Current Biology gli esiti di un test su un farmaco in grado di produrre artificialmente «sentimenti di bontà».

La pillola della compassione

Bello e buono? Magari: nell’era della chirurgia estetica mancava giusto la pillola della compassione. Negli anni social dell’apparire sempre e dovunque, e di quello che uno del team arboriano di Quelli della notte avrebbe definito dell’«edonismo reaganiano», una pasticca in grado di rendere gli esseri umani più empatici e compassionevoli ha quasi del “miracoloso”: invece è una conquista che risponde ai criteri della ricerca scientifica applicata al miglioramento delle potenzialità umane e che, in un prossimo futuro, ci si augura possa dare il suo contributo nella prevenzione e nella cura delle malattie mentali dal forte impatto sociale, come la schizofrenia o le dipendenze.

Il funzionamento del farmaco

Il farmaco, a base di tolcapone, che prolunga gli effetti della dopamina, una sostanza chimica prodotta dal cervello e legata alla ricompensa e alla motivazione, agirebbe intervenendo e modificando l’equilibrio neurochimico nella corteccia prefrontale del cervello, responsabile della personalità, del comportamento sociale e della capacità decisionale. I partecipanti allo studio, ben 35 persone, sono stati divisi in due gruppi: al primo è stato dato un placebo, all’altro il tolcapone, ed è stato chiesto a tutti di partecipare poi, a completamento del test, a un gioco che prevedeva la condivisione di denaro con un destinatario anonimo. Ebbene, coloro che hanno assunto tolcapone si mostravano più equi e magnanimi nella suddivisione dei soldi, apparendo più sensibili verso le iniquità sociali. «Di solito pensiamo all’equanimità come una caratteristica stabile della nostra personalità – ha detto Ming Hsu, una delle autrici della ricerca – il nostro studio non rifiuta questo concetto, ma mostra come questo tratto possa essere influenzato prendendo di mira alcune specifiche vie neurochimiche nel cervello umano». Un piccolo passo per l’uomo, un grande salto in avanti della scienza che, sembra fantascienza, potrà arrivare addirittura a produrre artificialmente i buoni sentimenti.

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