Ocalan, il terrorista protetto dalla sinistra, detta dal carcere le condizioni di pace

22 Ott 2014 13:31 - di Alberto Fraglia

I negoziati di pace tra il governo turco e il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) sono entrati in una nuova fase. Lo ha detto Abdullah Ocalan, leader del Pkk, in carcere dal 1999. “In merito al punto a cui siamo arrivati – ha detto Ocalan, secondo una dichiarazione diffusa dal curdo Partito popolare democratico – le parti hanno compreso a sufficienza la limitatezza dell’attuale approccio e il fatto che non porterà alla pace”. “Il 15 ottobre – ha continuato Ocalan – siamo entrati in una nuova fase del processo che riguarda il futuro democratico della Turchia e sono cresciute le mie speranze su un esito positivo”. La data del 15 ottobre è significativa perché indicava la scadenza dell’ultimatum dato dallo stesso Ocalan al governo turco per un cambio di approccio rispetto alla situazione di Kobane, città siriana a maggioranza curda assediata dai Jihadisti dello Stato islamico. Per il leader del Pkk, senza un atteggiamento più interventista di Ankara a difesa di Kobane, i negoziati di pace sarebbero falliti. “Quello di cui abbiamo bisogno – ha detto Ocalan nell’ultima dichiarazione, rivolgendosi ai sostenitori del suo movimento – è più fiducia nella pace e nella democrazia, una più chiara volontà a iniziative politiche più decise. Come popolo di questa terra, è nostro dovere storico non distrarci dall’obiettivo di una soluzione”.
La svolta di Ocalan era da qualche tempo nell’aria. Il 28 settembre scorso il leader del Pkk che sta scontando l’ergastolo nelle carceri turche con l’accusa di terrorismo aveva fatto rilasciare una dichiarazione al suo legale, Ibrahim Bilmez, nella quale chiedeva al Pkk di dichiarare un armistizio e cercare di raggiungere la pace con la Turchia. Il comunicato di Ocalan affermava che “il Pkk non dovrebbe utilizzare le armi tranne che se attaccato con l’intento di annichilamento” e che “è molto importante costruire un’unione democratica tra i turchi e i curdi. Con questo processo la via al dialogo democratico verrà finalmente aperta”.
Il leader del Pkk divenne famoso qualche anno fa anche in Italia quando, inseguito dai servizi segreti turchi, chiese asilo politico a vari Paesi. Espulso dalla Russia e rifiutato dalla Germania, preoccupata di alterare i suoi rapporti con Ankara, si consegnò alla polizia italiana, accompagnato da Ramon Mantovani, deputato di Rifondazione Comunista. Ne scaturirono non pochi problemi per lo stesso governo italiano, allora presieduto da D’Alema. Il governo italiano in effetti lo protesse sostenendo di non poter estradare Ocalan in Turchia, Paese in cui era in vigore la pena di morte, né di potergli concedere asilo, la cui concessione spettava alla magistratura. Il tutto si risolse, in un mare di polemiche, dopo 65 giorni, quando Ocalan fu convinto a partire per Nairobi, in Kenia, dove venne poi catturato dai servizi turchi.

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