Così Guénon, il pensatore scomparso 62 anni fa, rifletteva sulla “crisi”

8 Gen 2013 16:39 - di

Il 7 gennaio del 1951, sessantadue anni fa, si spegneva in Egitto il grande studioso francese della Tradizione (che per lui era quella “primordiale”) René Guénon. Ingegno affamato di spiritualità, pubblicò i primi articoli sulla rivista “La Gnose”. Si fece islamico con il nome di ‘Abd al-Wahid Yahia che vuol dire Giovanni servo del Dio unico. I primi studi sono dedicati alle dottrine indù e alla teosofia, da Guénon considerata un’impostura. Il periodo più prolifico è quello compreso tra il 1924 e il 1927, in cui pubblica “La crisi del mondo moderno”, “Il Re del mondo” e “Autorità spirituale potere temporale”. Interessante la sua riflessione sul termine “crisi”, oggi tanto in voga, nell’introduzione al libro “La crisi del mondo moderno”, opera scritta nel 1927 per sollecitare l’Occidente a una rigenerazione attingendo alle dottrine metafisiche orientali: “Dunque si dice che il mondo moderno subisce una crisi, ciò che così si vuole abitualmente esprimere è che esso è giunto ad un punto critico, o, in altri termini, che a breve scadenza, volendolo o no, in un modo più o meno brusco, con o senza una catastrofe, dovrà inevitabilmente sopravvivere un mutamento di orientazione. Questo significato dato al termine “crisi” è del tutto legittimo e corrisponde in parte a quel che noi stessi pensiamo: ma solo in parte, poiché, ponendoci da un punto di vista più generale, noi crediamo che tutta l’epoca moderna nel suo insieme rappresenti per il mondo un periodo di crisi… Nella parola “crisi” sono però contenuti anche altri significati che la rendono ancor più atta ad esprimere quanto vogliamo dire. Infatti la sua etimologia, che spesso nell’uso comune si perde di vista, ma alla quale bisogna riportarsi così come si deve sempre fare quando si vuol restituire ad una espressione la pienezza del suo senso proprio e del suo valore originario – la sua etimologia, dicevamo, la fa in parte apparire come un sinonimo di “giudizio” e di “discriminazione”. La fase da dirsi propriamente critica in un qualunque ordine di cose è quella che conduce a breve scadenza ad una soluzione favorevole o sfavorevole, è quella in cui interviene una decisione, in un senso o nell’altro. Di conseguenza, è allora che è possibile formulare un giudizio circa i risultati acquisiti, soppesare il “pro” e il “contro”, operando una specie di discriminazione dei risultati, positivi gli uni, negativi gli altri, e veder così da che parte la bilancia s’inclina definitivamente”. Per Guénon la crisi dunque è quella in cui avviene la fine di un ciclo e che non necessariamente va vista in modo negativo mentre nelle menti semplici essa è la causa psicologica del rinnovarsi di paure millenaristiche.

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