I grandi ritorni, tra trionfi e rischi di flop
A volte tornano, nello sport, nella musica, nello spettacolo, in politica, perfino in amore, purtroppo. A volte tornano sotto forma di affascinanti “highlander” che scrivono pagine epiche di coraggio e abnegazione: come George Foreman, che a 38 anni tornò sul ring dopo vent’anni e riconquistò il titolo mondiale. Più spesso, invece, ricompaiono sotto forma di “zombie”, con la pancetta e la vista annebbiata, e chiudono malinconicamente una fulgida carriera con patetiche esibizioni che finiscono per offuscarne il mito: come capitò a Cassius Clay, umiliato sul ring dal suo ex sparring partner Larry Holmes. Ma se la boxe vive di leggende, di crolli e di resurrezioni, negli altri sport il decorso verso il viale del tramonto è in genere meno tormentato, come accade anche nella musica quando si esaurisce la vena e si resta a casa a cantare per i nipoti o si va per feste di piazza. Il vero mistero dei grandi ritorni resta la politica, che raramente ha fatto segnare ritiri e riapparizioni clamorose come quella annunciata da Silvio Berlusconi. Anche lui da oggi è alle prese con la difficile sfida di riproporre se stesso, dopo vent’anni, a un Paese diverso, a un elettorato frastornato, a una maggioranza politica che forse non lo è più. Il rischio di passare dalla cavalcata trionfale all’anomina passerella elettorale esiste, ma esiste anche il brivido della “mission impossible” che è la specialità di casa, ad Arcore.
In Italia soprattutto i vecchi leader della Dc e del Psi, schiacciati dalla fine della Prima repubblica, hanno inanellato dagli anni Novanta ad oggi solo magre figure e comparsate marginali, da Ciriaco De Mita a Gianni De Michelis fino a Paolo Cirino Pomicino. Ma vale anche la pena di ricordare un clamoroso esempio di “ritorno al futuro” scolpito nella storia della politica internazionale, quello di Juan Domingo Peron, il generale argentino che ha lasciato in eredità, a destra e a sinistra, un’esperienza di dittatura “peronista” destinata a influenzare la vita politica di tanti altri Paesi, tra cui l’Italia. Peron fu presidente dell’Argentina dal ’46 al ’55, cadde per un colpo di Stato, tornò e rivinse le elezioni nel ’73, a diciotto anni di distanza. Ma forse è meglio che Berlusconi, toccando ferro, si affidi ai precedenti sportivi, meno opinabili nei risultati.
Il flop più clamoroso degli ultimi anni è stato sicuramente il ritorno in Formula Uno di Michael Schumacker, oggi costretto al ritiro dalla mancanza di risultati nonostante due stagioni corse con la fortissima scuderia “amica” della Mercedes. Addirittura “patetica” viene considerata la sua ultima annata, costellata da decine di incidenti. Esaltante fu invece il doppio ritorno in campo del più grande campione di basket di tutti i tempi, Micheal Jordan, che lasciò la Nba nel ’93 dopo aver vinto il terzo anello con i Chicago Bulls: dopo diciassette mesi di stop tornò e ne vinse altri tre, per poi smettere e rientrare ancora nel 2008, a 38 anni, per giocare a Washington a livelli altissimi. Memorabile fu anche la rentrée di Yuri Chechi, il signore degli anelli: nel 2000 lo bloccò un grave infortunio, la rottura del tendine brachiale di un bicipite, interruppe la sua preparazione per le olimpiadi di Sydney e annunciò il ritiro. Quattro anni dopo era ad Atene dove vinse il bronzo nella sua specialità olimpica. Ma la lista dei campioni dello sport tornati, ma “umiliati” da se stessi, è altrettanto lunga. Basterebbe ricordare il grande tennista Bjorn Borg, malinconicamente aggrappato alla sua racchetta di legno per poche settimane, ma anche la triste ricomparsa della cinquantenne Martina Navratilova, la parabola di Pelè nei Cosmos, quella di Lance Armostrong, che smetteva e riprendeva fino a quando venne fuori il suo sporco gioco col doping.
La musica, poi, è piena di ritorni esaltanti o patetici. Come Gianni Morandi, dimenticato da tutti per un decennio negli anni Settanta, che ritrovò il successo nei primi anni Ottanta con il brano “Canzoni stonate”, ed ancora, con “Grazie perché”, fino alla finale di Sanremo dell’83 con “La mia nemica amatissima” e il trionfo di quattro anni dopo con Umberto Tozzi ed Enrico Ruggeri. Anche il ritorno di John Lennon, dopo sei anni di stacco, nell’80, fu coronato dal grande successo del suo ultimo album, “Double fantasy”, prima che un fan lo uccidesse. In pochi ricordano che anche la carriera di Lucio Battisti, negli anni Ottanta, subì un brusco stop and go, dopo il divorzio dal paroliere Mogol e l’inizio della collaborazione con Pasquale Panella. Nel marzo del 1986 Battisti tornò finalmente sul mercato discografico con l’album “Don Giovanni”, bocciato dalla critica e in parte anche dai suoi fans, che comunque ne acquistarono trecentomila copie. La sua vena si stava esaurendo, fu il giudizio dei critici, e i suoi dischi iniziarono a vendere sempre meno, fino alla morte prematura avvenuta nel 1998.
Nel campo dello spettacolo un esempio di exploit ripetuto a distanza di anni è quello di Pamela Anderson, la celeberrima star di “Baywatch”: dopo quindici anni di assenza dai giornali e dalle tv, a 45 anni la bagnina tornò a indossare il costumino rosso sulle spiagge di Rio. Sfoderando un fisico che al Cavaliere non sarebbe affatto dispiaciuto e che oggi, lifting a parte, dovrebbe indurlo a un generico ottimismo…