Sulla Striscia pioggia di bombe e tregua difficile

19 Nov 2012 21:31 - di Antonio Pannullo

Piovono razzi su Israele e proseguono i devastanti raid degli aerei con la stella di David su Gaza. Il numero dei morti nella Striscia ha superato i cento e tra di essi vi sono molti bambini. Ma su Israele “tirano” anche dalla Siria e dal Libano. Le diplomazie, soprattutto l’Egitto di Mohamed Morsi, da subito hanno inziato a lavorare per una tregua umanitaria. Ma non è facile accordare le parti: ieri lo Stato ebraico, in particolare, ha minacciato un’offensiva di terra se entro 48-72 ore non cesseranno i lanci contro il territorio israeliano. Ma Hamas ha risposto dicendo che la suddetta invasione non sarebbe certo un pic-nic per gli israeliani. Insomma, entrambi si sono detti pronti, ma entrambi pongono condizioni. Israele chiede una tregua di «lunga durata» che si deve applicare solo alla Striscia di Gaza e deve essere garantita dall’Egitto e lo stop al lancio di razzi verso il suo territorio. Hamas vuole la fine dell’embargo a Gaza e lo stop delle uccisioni mirate.
Per il sesto giorno consecutivo, intanto, l’aviazione israeliana ha lanciato l’offensiva nella Striscia. Un comunicato del portavoce militare precisa che dall’inizio dell’operazione denominata “Pilastro di nuvola” sono stati colpiti 1.350 «siti terroristici». Domenica notte ne erano stati centrati ottanta: fra questi rampe sotterranee di lanci di razzi; tunnel utilizzati a fini terroristici; basi di addestramento e cellule impegnate nel lancio di razzi. «Hamas ha trasformato Gaza in una avanzata al servizio dell’Iran», afferma il comunicato. Quattro morti accertati ieri nel bombardamento del media center di Gaza, la torre Shoruq, dove Tel Aviv affermava si nascondessero terroristi della Jihad islamica.
Intanto ognuna delle due parti in lotta accusa l’altra. «È Israele che ha chiesto la tregua a Gaza all’Egitto e ai Paesi della regione ma se la vuole deve cessare il fuoco per prima perché sono stati loro a iniziare la guerra», ha affermato infatti il leader di Hamas, Khaled Meshaal, in una conferenza stampa al Cairo. «Hamas sta cercando una maniera di salvarsi la faccia. Il fatto che sia stato Israele a chiedere la tregua è vero come il fatto che Hamas dica di aver buttato giù un F-16 israeliano o abbia colpito la Knesset», ha subito replicato un alto esponente israeliano a commento del discorso del leader di Hamas.
Sul fronte della diplomazia internazionale il segretario generale dell’Onu, Ban ki Moon, che in queste ore ha chiesto la fine immediata delle violenze, è oggi al Cairo per incontrare il premier Kandil e il presidente Mohamed Morsi. Poi andrà anche in Israele e nei Territori palestinesi, ma non a Gaza. Già ieri sera Ban Ki Moon ha incontrato il ministro degli Esteri del Cairo, Kamel Amr, e nelle prossime ore avrà un colloquio col segretario generale delle Lega araba, Nabil el Araby. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu è stato convocato per discutere una bozza di dichiarazione per la fine delle violenze tra israeliani e palestinesi.
Prosegue anche il pressing degli Stati Uniti perché si ponga fine alle violenze. Il presidente americano Barack Obama – afferma Ben Rhodes, viceconsigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca – viene costantemente aggiornato sugli sviluppi della situazione dal segretario di Stato, Hillary Clinton, e dal consigliere nazionale per la Sicurezza, Tom Donilon, che seguono il presidente nel suo viaggio in Asia. «Il nostro sforzo è quello di spingere sui Paesi che hanno un’influenza nella regione perché si disinneschino le violenze a partire dalla fine del lancio di razzi da Gaza verso Israele», ribadisce Rhodes, ricordando come nelle ultime ore la Clinton abbia chiamato tra gli altri i ministri degli Esteri turco e del Qatar. Donilon è invece in contatto quotidiano col responsabile della sicurezza nazionale israeliana.
In ogni caso, i bambini morti, feriti o traumatizzati a causa del conflitto israelo-palestinese, sono già troppi e “Save the Children” chiede ad ambo le parti di adoperarsi per l’immediata risoluzione del conflitto. «È a questi bambini e a tutti quelli che in questi anni hanno perso la vita e sono stati traumatizzati dalle continue violenze in questi territori e a tutti i bambini che vivono in aree in conflitto o post conflitto, come la Siria, che va il nostro pensiero oggi, alla vigilia della Giornata mondiale dell’infanzia. Ed è proprio a loro che Save the Children Italia vuole dedicare questa giornata, come simbolo di un’infanzia che continua a essere negata e drammaticamente segnata» afferma “Save the Children Italia”. Le famiglie della Striscia di Gaza che abitualmente già vivono in condizioni difficili, rende noto l’ong, stanno esaurendo il cibo e l’acqua, gli ospedali stanno finendo i rifornimenti e più di 1 milione e 700.000 persone – di cui la metà bambini – sono intrappolate nelle proprie case da giorni, con la corrente interrotta fino a 18 ore al giorno. Sia le scuole che gli ospedali sono stati duramente colpiti: un ospedale e 25 scuole sono stati danneggiati e molti bambini, sia palestinesi che israeliani, non andranno a scuola per la durata del conflitto. “Save the Children” si è detta pronta a intervenire a supporto delle popolazioni colpite e non appena le condizioni di sicurezza lo consentiranno: gli operatori dell’organizzazione distribuiranno cibo, acqua e materiali per beni di prima necessità alle famiglie, nonché medicine vitali agli ospedali.

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