“Puniremo i ricchi”: Monti gioca a fare il Robin Hood, poi grida «indietro tutta»
È difficilissimo parlare molto senza dire qualcosa di troppo. E stavolta – ignorando la “lezione” di Luigi XIV – Monti ha detto veramente qualcosa di troppo al “Financial Times Italy Summit” milanese. E l’ha fatto sempre per soddisfare l’esigenza dell’effetto-annuncio, utile per propagandare se stesso e il suo governo tecnico al grido di “tasseremo i ricchi per dare ai poveri”. Poi si è tirato indietro, rendendosi conto del rischio: aiutare le cassandre e far fuggire dall’Italia i capitali. Avevamo la necessità di farne arrivare di nuovi dall’estero e invece, adesso, dobbiamo preoccuparci di non perdere quelli che già abbiamo. Un bel capolavoro, uno scivolone per un tecnopremier nominato perché «competente e affidabile». La sua mossa ha il sapore dell’avventurismo. La patrimoniale? «È opportuna». «Non va drammatizzata, considerato che esiste già in alcuni Paesi capitalistici». «Vorremmo introdurre una tassa generalizzata sui patrimoni. Ma non faremo blitz». Poi la smentita di Palazzo Chigi: «Nessun annuncio di patrimoniale, il premier si è limitato a spiegare le scelte fatte, non come premessa di futuri interventi». Una precisazione che non ha convinto nessuno. Arrivata dopo che su Monti si era abbattuta una vera e propria valanga di critiche da Fabrizio Cicchitto, Maurizio Gasparri, Daniele Capezzone, nonché da personalità esterne al Pdl. La Confedilizia, in particolare, ha parlato di dichiarazione «inquietante». Perché produce solo danni e amplifica l’allarme. C’è già l’Imu, ci sono le imposte sugli investimenti finanziari. Questo nuovo balzello cosa andrebbe a colpire? E l’equità che fine ha fatto? Che senso ha tassare il patrimonio se non produce reddito? Tante domande per ora ancora senza risposta. Mercati e analisti, però, hanno una memoria da elefante. Si può stare certi che, al momento opportuno, non mancheranno di ricordarsi dell’uscita del premier di oggi e trarranno le conseguenze. I capitali non hanno la carta d’identità e non hanno bisogno di comunicare la propria residenza. C’è da scommettere quindi che quando il nostro governo deciderà di mettere in atto l’annuncio di ieri non troverà più nulla da tassare. A Monti travestirsi da Robin Hood non serve, non è credibile. Gli effetti dell’autogol, però, non si esauriscono qui. È incredibile come questo governo, insediatosi per mettere ordine nei conti pubblici e ristabilire la fiducia internazionale nei confronti dell’Italia, non trovi nulla di meglio che aumentare le imposte. La pressione fiscale, già altissima, con la patrimoniale crescerebbe ancora e finirebbe per incentivare la recessione in un momento in cui è evidente che l’unica strada in grado di portare il Paese fuori dalle secche passa per la crescita dell’economia. Uno sviluppo difficile da attivare viste le manovre di questo ultimo anno. Sul tavolo c’è la discesa dello spread (che resta comunque ancora alto) e il taglio ai rendimenti dei titoli pubblici, ma tutto il resto fa acqua. La cura del governo si è rivelata, per certi versi, peggiore del male: c’è stato una calo forte del Pil, è scesa la produzione industriale, sono crollati i consumi delle famiglie, si è ridotto il potere d’acquisto delle retribuzioni, le case non si comprano più, i mutui non vengono concessi (-50 per cento), l’erogazione del credito alle imprese si è arrestata, il debito continua a crescere, a dimostrazione che la spesa pubblica, in gran parte parassitaria e clientelare, corre. Rincorrendo il mito dell’abbattimento dello spread l’Italia si è impoverita ulteriormente mentre la disoccupazione, in un solo anno, è passata dal 9,3 al 10,8 per cento (oltre il 35 per cento per i giovani). E pensare che, con numeri del genere, c’è ancora chi, come Casini, ha la faccia tosta di sponsorizzare un Monti-bis, parlando addirittura di Provvidenza.