Primarie. Nuovamente spettatori?

27 Nov 2012 0:01 - di Marcello De Angelis

Esiste un uomo o una donna – più o meno convintamente orientato in modo alternativo alla sinistra – che domenica scorsa non avrebbe preferito fare due ore di fila per scegliere il suo candidato piuttosto che aspettare impotente e preoccupato che qualcuno, da qualche parte, decida il destino del centrodestra non si sa come e non si sa con chi? Una domanda lunga, con una risposta scontata e breve. Nessuno si occupa nemmeno da lontano di politica se non per il desiderio di incidere, sia pure ogni tanto e con un voto, sugli sviluppi del mondo che lo riguarda e lo circonda. I congressi, le manifestazioni, le riunioni, sono da sempre i rituali delle aggregazioni politiche. Vi si celebra la dignità di ognuno di valutare, esprimersi, decidere. Le primarie, in Italia, sono un rituale relativamente nuovo, introdotto dal centrosinistra per trovare una legittimazione per candidati unici di coalizioni sempre più plurali e disomogenee. Per l’elettorato di sinistra è un modello rodato. Per il centrodestra sarebbe una novità. Ma perché aver paura delle novità? Il peggio che possa succedere è che non soddisfano e allora si può tornare alle vecchie abitudini. Il centrodestra, in Italia, è ormai una “cosa” che riguarda milioni di persone. Si tratta di un patrimonio di storia, di illusioni (e se vogliamo anche delusioni) che ha segnato scelte e percorsi umani. Se la destra (intesa come ciò che è alternativo alla sinistra) è, come scrive Galli della Loggia, sempre e da sempre maggioritaria in Italia, viene da sé che i più pensino che l’esistenza di un soggetto politico a vocazione maggioritaria alternativo alla sinistra sia una necessità. Pensare che sia meglio frammentarsi per ritrovarsi in ambiti più ristretti e più consoni alle proprie necessità personali può essere legittimo, ma segna la rinuncia – almeno per qualche anno – a realizzare un’alternativa. In politica l’insieme è sempre superiore alla somma delle sue parti. Si potrebbe dire che certe categorie non hanno più senso. Ma, almeno a sinistra, reggono e aggregano. Solo tre anni fa – basta andarsi a rileggere i giornali – la sinistra era data per sepolta per sempre e il centrodestra destinato a governare per vent’anni. Ora è il contrario. Il potere dei media, il potere giudiziario, possono abbattere qualunque governo. Ma se una forza è radicata, aspetta il prossimo turno e lavora al proprio rilancio. Così è da sempre. Speriamo che così sia ancora.

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