Monti si crede il nuovo Epicuro (ma non rinuncia al culto di se stesso)
Da tecnico a politico, da politico a filosofo con un grande culto della (propria) personalità. Monti si descrive come un nuovo Epicuro e dice di averlo dimostrato da quando ha messo piede a Palazzo Chigi: «Non ero abituato al linguaggio e agli attacchi che pare siano parte integrante della vita politica. Ho impiegato un po’ a far prevalere il distacco, anzi l’atarassia». L’atarassia, in perfetta identità con l’epicureismo. Ha dunque lavorato su se stesso per raggiungere la condizione esistenziale ideale caratterizzata da assoluta imperturbabilità di fronte alle passioni e perciò esente da ogni dolore. In parole semplici, se n’è fregato di tutto e di tutti (e questo l’hanno capito in parecchi, sulla propria pelle, dopo le manovre economiche che iniziate lo scorso novembre non sono ancora terminate). Monti il filosofo, però, non ha rinunciato all’autoelogio, al solito spot per sé e per i suoi: «Con buona pace degli economisti “benaltristi”, credo di aver sottoposto il Paese a dosi di riforme mai viste in passato». E da professore è diventato benefattore di anime e patriota: «Non amo il termine “governo tecnico” e non a caso nel discorso di presentazione alle Camere ho parlato di “governo d’impegno nazionale”….». Un missionario prestato alla politica, che altro se no. C’è un piccolo errore nella sua analisi e ci permettiamo di sottolinarlo. Epicuro parlava della necessità di liberare gli uomini dal timore degli dèi, dimostrando che – per la loro natura perfetta – non si curano delle faccende degli uomini. Lui invece si sente il primus inter pares tra gli dèi. È perfetto e non si cura delle questioni che stanno a cuore ai poveri mortali. I tartassati d’Italia non ne hanno mai avuto il minimo dubbio.