La “rivoluzione” della Camusso si addormenta solo se lo decide il Pd…
Conservatori e rivoluzionari a singhiozzo, la scelta dipende dall’interesse in gioco. È l’antico vezzo della sinistra al quale la Cgil non si sottrae, chiusa com’è da ingessature ideologiche, ragioni di partito e l’esigenza di non perdere pezzi a favore delle ali più estreme del sindacato. Non importa quel che c’è scritto nei provvedimenti, se un decreto o una legge sia utile allo sviluppo (e quindi indirettamente ai lavoratori). L’importante è creare contrasto in nome del “divide et impera”. È successo anche mercoledì sera a Palazzo Chigi, con industriali, Ugl, Cisl e Uil che hanno raggiunto una buona intesa sulla produttività, il governo che per agevolarla ci ha messo sopra 2,1 miliardi di euro e la Camusso che ha detto no parlando di «imbarazzo», una parola usata per giustificare qualcosa di ingiustificabile, se non nei termini a lei cari della famosa lotta di classe. Allo stato attuale, con la crisi che spezza qualsiasi iniziativa, la Camusso finge di non capire che – come ha detto Bonanni – «occorre cucinare con l’olio che si ha a disposizione». No, per la Camusso i 2,1 miliardi che il governo mette sul tavolo per defiscalizzare il salario di produttività non sono una conquista, ma «una riduzione dei salari reali dei lavoratori». Meglio sarebbe riaprire il libro dei sogni, quello che non porta mai a nulla, e in ordine cronologico distribuire i redditi, detassare le tredicesime e darsi da fare per l’occupazione. La leader della Cgil l’ha detto pur sapendo che per interventi del genere servirebbero almeno 8 miliardi contro i 2,1 che sono al momento disponibili. Il trucco c’è. Sparare cifre è facile, concretizzare è qualcosa di diverso. La Cgil non rinuncia a giocare per l’ennesima volta la carta classista, tanto cara ai tempi in cui il sindacato di Corso d’Italia rappresentava la cinghia di trasmissione per portare voti al Pci. Basta sostituire il simbolo del Pci con quello del Pd e il gioco è fatto. Un gioco utile alla vigilia delle primarie e all’antivigilia delle elezioni politiche. Poi tutto ritornerebbe normale se vincesse il centrosinistra: c’è la crisi, non ci sono le risorse, bisogna fare sacrifici. E la Cgil da rivoluzionaria diventerebbe conservatrice.